domenica 28 dicembre 2014

Attrezzarsi


E' Natale, vorrei per me parole biscotto.
Le migliori son croccanti, gialle
lucide di burro, dorate come stelle
si annusano e sanno di pioggia in faccia
quando la prendi ad occhi chiusi e basta
si fiatano di bocca, e portano l'odore
di quel vino asciutto, nero, sulla terrazza al mare.
In verità me ne basta una soltanto:
la terrò nel taschino per i giorni di vento.

Siamo arrivati in alto che nevicava. E tirava pure un'aria fredda, rabbiosa.
Ma io ero contenta, volevo solo andare. Andare vuol dire respirare, guardare, scoprire che i piedi non scordano niente.
Ero certa però di aver dimenticato qualcosa, qualcosa di fondamentale, e continuavo a frugare nello zaino per capire cosa mai avessi lasciato a casa. Cosa, di tanto importante?
Poi mi sono fermata, ho capito. Ho sorriso.
Può un camminatore di spazi innevati pensare di raggiungere la vetta senza un tè caldo da bere, una volta arrivato? Può avanzare senza scarponi adatti? O procedere privo di cuffia, guanti, maglia di ricambio?
Io avevo ognuna di queste cose, e non ne avevo neppure una.
Sono arrivata su, con passo svelto, mentre tutto quel bianco mi si posava dentro. Ho guardato intorno, ogni cosa, senza saperne i nomi ma pronta ad ospitarne le forme.
E' bellissimo, vero Gioia?”
Così, mi son detta.

domenica 14 dicembre 2014

Partenze, arrivi


La vita pulsa, intorno.
Fuori. Nei cieli, nei mari, in Terra, nella porzione di terra che quel treno taglia con precisione di bisturi.
Dentro. In una casa, in ogni sua stanza, nella stalla aperta, nelle mani leste che mungono, nel fiato caldo d'erba e nel ronzare di mosche verdi. Nella testa scura di un uomo chino che si solleva e guarda il treno passare. E vorrebbe andare. Sul convoglio, nel vagone, sui sedili, nei piedi ciondolanti dalle scarpe slacciate, resto di corse sudate.
La vita pulsa così forte da restarne assordati. O accecati. Questo pensa lei, seduta compostamente in seconda classe, mentre ogni cosa scorre. Guarda l'orologio, raccoglie il paltò e si dispone a scendere. Alla prossima stazione, binario quattro, c'è la vita, ad attenderla.

mercoledì 3 dicembre 2014

Novità da est

Leggo ora il post di Fra in cui aggiorna noi, amici di bloggo, dei successi runneristici registrati col suo Garmin.
Anch'io avrei un cardiofrequenzimetro da attivare. Perchè adesso riesco a correre con buona regolarità, buon tempo e impegno. Mi piace. Sentirmi leggera e potente assieme, essere solo corpo e sostanza fisica. Salire, alzarmi, raggiungere un luogo da cui guardar giù. E mi basta andare dietro casa.

Sella Sant'Agnese, il luogo
Giunta a questo punto dovrei monitorarmi, così si fa. Ha un suo senso, una sua importanza. Registrare il proprio lavoro aerobico serve a tarare e ritarare gli allenamenti a venire. Ma non so perchè, questa possibilità mi sta un po' stretta. Come se il mio nuovo gioco libero, sciolto, sfrenato, dovesse sottoporsi al dazio dei numeri.
Per adesso, felicemente corro. Tac tac, tac tac, e la coda di cavallo dondola.





Come ogni prima donna che si rispetti, appaio finalmente in un calendario: occupo il mese di ottobre con grande orgoglio.
Le immagini sono raccolte da occhi amanti che accarezzano la terra dolcemente, e ne schiudono infinita grazia.


mercoledì 26 novembre 2014

Per favore


Caro Babbo Natale, rieccomi.
L'ultima volta che ti scrissi avevo il 35 di piede, difficilmente al mattino mi pettinavo i capelli, detestavo i finocchi lessi e su di me incombeva la Sandra.
Ti chiesi gentilmente, ma con una certa determinazione, ti togliermela di torno. Anzi, di smaterializzarla proprio, rimettendo magari assieme i suoi pezzi dall'altra parte del globo, possibilmente in luogo molto ameno e popolato da spietati tagliatori di teste.
Ricordi bene, la odiavo. Con tutta la forza distruttiva dei miei dieci anni. 
Sandra scriveva bene, studiava molto, piaceva alla maestra, indossava stivaletti alla caviglia. Mi portò via nell'ordine: la migliore amica, il ragazzino con cui tornavo a casa da scuola mano nella mano e l'onore, inventando per me curiosi e divertenti appellattivi che ben rimavano col mio cognome. E tutti a ridere. 
Ora, Caro Babbo, dopo diverse stagioni andate e acque passate sotto i ponti, è possibile che io tremi ancora dinnanzi ad una qualsiasi Sandra di passaggio? Che nel confronto io ancora senta di perdere, di non valere abbastanza, di non essere all'altezza?
No, stavolta non mandare in orbita nessuno. Niente spargimenti di sangue nè sparizioni.
Questa volta Babbo, mettimi davanti allo specchio. Drizzami le spalle, lustrami il sorriso e mostrami che non c'è Sandra che tenga. Perchè sono capace, ho gli occhi belli, so accarezzare, fare la maestra, guidare come un maschio, sfornare una torta, scrivere storie, cantare. 
Ecco, per favore, fai che io lo sappia.

lunedì 17 novembre 2014

E' lunedì. Eppure...


Ieri in montagna, faceva davvero freddo. Il luogo aspro e selvaggio chiedeva rispetto e misura. Nel guardare in basso verso il tratto di sentiero appena percorso, ci colpisce una massa scura, che prima non c'era. Sembra ferma. Invece si muove, di un incedere potente, elegante e denso assieme. Inconfondibile: un orso. Che roba.
Ecco, la vita si annida proprio lì, dove tutto pare silenzio.

Mio zio ha trovato alcune registrazioni, in qualche cassetto. Forse Natale o Pasqua, parenti e lasagne al ragù. Io e la cugina piccola a chiacchierare e cantare col microfono in mano, per risentirci la voce strana, metallica.
Papà mi chiede di parlare. Dopo un attimo di perplessità, attacco. Poche e basilari regole di vita: la vita della Gioia cinquenne.
La torta si mangia tutta.
Le unghie si mette lo smalto.
Gli specchi si guarda.
La bambola si tiene in braccio.
La camicia si mette nella pancia.
La bottiglia si beve.
Adesso dico una bella roba. La luce è in tutto il mondo.
Una filosofia così semplice e cristallina che in un attimo ha cucito assieme le tante Gioie andate.

sabato 8 novembre 2014

Lesson number one


"Ma tu, me la daresti qualche lezione di chitarra?"
Alessandro, che misura sempre le parole e quando decide di spenderle lo fa con parsimonia, ci pensa su.
"Cosa vuoi imparare?", chiede.
"A cantare e suonare assieme", rispondo.
Ride. Poi dice che si può fare. 

Avevo undici anni quando nel bus arancione attraversavo la città. Appresso il mio strumento, portato con fierezza nella custodia marrone in finta pelle. Poi però, mentre il maestro eseguiva un barrè, io cercavo il cielo nel vano dalla finestra. E quando accennava un giro di sol, io mi chiedevo sognante chi mai abitava quelle aule polverose nelle ore vive del mattino. Fatta così, da sempre. 
Insomma, avevo imparato poco.

Ieri abbiamo lavorato sulla postura. Perchè pare io avessi un'impostazione classica, invece devo scazzarmi un pò. Spalle sciolte, braccio morbido.
Sono stata diligente, credo: oggi non sento i polpastrelli. Indice, medio, anulare.
Alessandro mi ha prestato la sua Ibanez bianca, a patto che mi eserciti assai.
Salutandolo sotto la pioggia, il mio strumento portato con fierezza nella custodia marrone, ho promesso.

lunedì 3 novembre 2014

E non mi piaceva l'autunno



























Ho sempre pensato che l'autunno fosse in assoluto la stagione più fiacca e inutile.
Funghi rossi e foglie gialle da dipingere a scuola nella cornicetta. Aria di pioggia e buio presto, così presto che a sentire l'odore di minestra alle cinque mi saliva lo struggimento.
Invece ieri ho preso così tanto sole in faccia, da non credere che è proprio novembre.
Ho lasciato che l'orizzonte mi rubasse gli occhi. E una volta a casa mi sono cimentata col vin brulè: profumo di chiodi di garofano e cannella.
Mi è sembrato così che il lunedì, quella porta aperta sui miei giorni da attraversare senza bussola, potesse schiudersi con più dolcezza.

martedì 28 ottobre 2014

Poesia

Avete capito? La poesia non è fuori, è dentro.
Cos'è la poesia? Non chiedermelo più.
Guardati allo specchio: la poesia, sei tu.
Innamoratevi! Se non vi innamorate, è tutto morto. 
Vi dovete innamorare e diventa tutto vivo, si muove tutto. 
Dilapidate la gioia, sperperate l'allegria.
E non cercate la novità, la novità è la cosa più vecchia che ci sia.
(Roberto Benigni, La tigre e la neve)

Lei mi guarda con occhi accesi, curiosi. Nello stesso tempo, anche se ci separa un'imponente scrivania, pare allungarsi verso di me, accarezzarmi. Soppesa, valuta, senza mai lasciarmi andare.
"Nonostante tutto questo sei qui", dice sorridendo. "Sai di essere un miracolo?"
E io penso che non voglio essere un miracolo. Perchè un miracolo è un evento straordinario, al di sopra delle leggi di natura. Io voglio essere sasso, carne, foglia, zolla. Qanto di più terreno e profano esista.


mercoledì 22 ottobre 2014

Pezzi di ricambio


Ci mise del tempo a crearla. Scovò pezzi di buona qualità, che garantissero una resa nel tempo. Capaci, a tener duro. Spazzati dalle piogge, pestati dal sole feroce di mezzodì, battuti dalla tramontana e dal maestrale. Tenaci.
Prese il celeste, poi del buon sangue, e dita svelte. Aggiunse passo lungo, respiro leggero ed infine calò con attenzione il serbatoio al suo interno. Quando ebbe finito, fece un passo indietro e la osservò soddisfatto. Poi si fermò. Si avvide d'un tratto del clamoroso errore. Come poteva essere accaduto?
Il serbatoio d'amore era senz'altro della misura sbagliata. Grande, enorme, sproporzionato. Occupava ogni spazio, non lasciava posto ad altro.
Provò e riprovò ad estrarlo, ma quello era già ben saldo a nervi, viscere e cartilagini. Rinunciò.
Ma quando fu il momento di avviarla, con una spinta dolce alla curva dei lombi, pregò.
Che la vita fosse clemente, con lei.

sabato 18 ottobre 2014

Tempo di regali


Sai che ti occorre tempo. E pensi che quel tempo dovrai riempirlo con qualcosa. Mentre pensi, le cose accadono. Poi ti chiedi se aveva senso star lì a pensare.
Doni. Che pare Natale.

Una canzone bellissima.
"sei nel centro 
ed ogni cosa sembra ti stia intorno 
sei davanti 
e tutto il resto è soltanto sfondo 
sei l'unica cosa che è a colori 
mentre il resto è in bianco e nero"

Un biglietto sulla porta.
La vicina di casa, con cui ieri osservavo sconsolata nubi e grigiore, lascia un sorriso e mi suggerisce "una piccola consolazione per i giorni piovosi". Solidarietà femminile. 

La prima lezione di italiano a dieci uomini che sanno dire "maestra", ma non riescono neppure a guardarmi in faccia. Pakistan, Afghanistan, Ghana. Hanno fatto così tanta strada per arrivare fin qui e trovare un banco, una lavagna, il mio impaccio pieno d'emozione.

M., classe quinta, mi consegna soddisfatta il suo testo.
"Tu, la mia maestra, non sei come le altre! Tu mi fai piacere le cose che non mi piacciono, tu mi sorridi anche se ti faccio perdere la pazienza. Mi piace di te l'aspetto che hai quando sei immersa, come in un altro mondo a parte..."

E una minestra di castagne, odor di vento, un pensiero bello, prima di dormire.

martedì 14 ottobre 2014

Limiti


A volte.
A volte vorrei che fossero ottanta.
Ottanta paia di ciabatte buttate, ottanta rime cucite e abbandonate, ottanta bronchiti curate, canzoni cantate, di notte alla luna.
Ottant'anni. E aver già passato tutto, arrivare dritta in fondo per sapere come va a finire.
Suona di resa, lo so. Perchè nel mezzo potrei farci di tutto: i pezzetti del Lego li ho sparsi sul tavolo, non mi resta che iniziare. Una torre, un treno, un recinto, un parco giochi. È facile, basta attaccare i mattoni giusti.
E in due è più bello. Ti passo questo, tu passami il giallo, grazie.
Vorrei che fossero ottanta.
Le ore per costruire una casina verde. Con veranda e panchetta, per concerti di grilli e dita intrecciate.

lunedì 6 ottobre 2014

Buio


I have some scars from where I've been
You've got eyes that can see right through me
You're not afraid of anything they've seen

If there is a light
You can always see
And there is a world
We can always be
If there is a dark
That we shouldn't doubt
And there is a light
Don't let it go out

Song for someone, U2

Siamo stati capaci di fermare il tempo. Mani sulla faccia, a berci dagli occhi la paura del buio. Questo sono io, prendimi, questa sono io, mi vuoi?
Si. E sì.

venerdì 3 ottobre 2014

Piove


È vero, che piove sul bagnato.
Torno da scuola, ubriaca di stanchezza e senza pace, nè terra.
Guido prudente, perchè sento di non avere riflessi buoni. Rotonda, rettilineo, rotonda, rettilineo. Rallento, mi fermo alla precedenza, in coda. Chiudo gli occhi, tiro fiato.
Un colpo secco da dietro mi spinge con forza qualche metro in avanti. Intanto la fila avanza, ed evito il disastro collettivo per un pelo. Rimane da valutare l'entità del danno individuale.
Scende lui, scendo io.
"Scusami ", dice "oggi non ci sto con la testa". Allora siamo in due, vorrei rispondere.
Guardiamo assieme il retro del mio povero vecchio Peugeot. Il paraurti giocattolo di un'auto giocattolo ha di buono che giocosamente rimbalza come al luna park.
Nessun danno, pare. Mi lascia il biglietto da visita, si raccomanda di chiamarlo se dovessi avere problemi.
Torno al volante completamente doppata. L'adrenalina mi fa questo effetto. D'istinto prendo in mano il telefono: ho bisogno di dire, condividere, metter fuori la paura e riderci su. Poi lo poso, caccio via una lacrima, ingrano la prima. Calma Gioietta, stai calma, non è successo niente.

Ora sono proprio stanca, e mi fa un pò male il collo. Due mani sante mi hanno fatto una camomilla e dopo il Toblerone credo proprio che proverò a dormire.

mercoledì 1 ottobre 2014

Alto fragile


Devo fare i conti adesso. Costi, ricavi, lordo, netto.
Non tornano mai. Quanto male ho raccolto? Quanto ne ho seminato? Quanto dovrò attraversarne, per pareggiare i conti?
L'altro giorno un amico mi scrive "tutto il bene che dai, anche se non sai in che forma e quando, tornerà a te".
Vale anche per il male, per il dolore? 
Ad un certo punto della mia vita, ho capito che tutto quello che pensavo immutabile, certo, solido, si poteva portar via, con una passata di straccio. Niente più "per sempre". Aprivo la porta su un mondo spurio, crudo: omissioni, silenzi, paura, bugie. 
A volte penso che dovrei ringraziare, benedire quel momento. Perchè non puoi vivere sottovetro, perchè noi siamo bene, male, luce, buio. E prima ci è chiaro, meglio è.
Ho fatto di tutto per ripristinare il sistema, per tappare la falla. Volevo intensamente e con tutte le mie forze tornare sotto le coperte. Ma quando vedi fuori, l'orrore e la meraviglia, il brulicare frenetico, le esplosioni e i buchi neri, la coperta tira. Non ti basta più. 
Ho finito per arrendermi e ammettere la mia pochezza, i miei umani limiti: mi sono esposta, pelle e cuore. Più intera, di sicuro, ma di vetro.
E allora anch'io ho omesso, mentito, nascosto. Tradito. Letto rabbia e dolore su un volto che ormai, confondevo con il mio.
Potevo fare altrimenti? No, in quel momento.
E adesso, adesso che sono di vetro e lava, potrei ripetermi? Meschina e ipocrita mai più. Tocca provare, infilare, indossare, per scegliere di scucire e dismettere.
Sarà anche abusata, lisa e vuota la parola "verità", ma quando provo a seminarla mi bracca cattiva, e morde semza pietà. 

venerdì 26 settembre 2014

SPSP

Ispirata da Boh ho proposto ai miei alunni di quinta un testo in SPSP.
Che dire. Sono liberi, non hanno strutture, per loro è quasi facile.
"Ti vedo, anzi non ti vedo. 
Compare la tua coda dritta come un'antenna, 
da dietro l'armadio".
Le parole fluiscono: godono nello scriverle, nel leggerle, nel commentare quelle altrui. 
Vogliono che anch'io scriva, e lo faccio. Insieme a loro, nel cerchio del dire,  metto giù e condivido. I loro testi sono leggeri, armonici, veri. Il mio si inceppa, si arrotola, fatica a decollare. Lo dico alzando le mani: "mi arrendo, avete vinto".
Prima di sgomberare l'aula M e A si avvicinano. "Maestra, giochiamo anche lunedì?"

mercoledì 17 settembre 2014

Stasera


Un tributo a quelle due facce pulite, che sono carne della mia carne.
Ho spiato il loro sonno sudato, di febbre e sogni.
Ho mangiato minestre col formaggino, uno a me, uno a te, uno al can. Ammm.
Ho applaudito con slanci accesi saggi di cartapesta e filastrocche, come ad una prima della Scala. E via una lacrima, in fretta. E su un sorriso. Sì io sono qui, ti guardo.
Ho giocato al negozio, ai soldati, ai mostri, ai cuochi, all'ospedale.
Ma niente ho dato, che non sia tornato a me, più bello ancora.

Sì, sono due, e sono carne della mia carne.
Non ne ho mai parlato, mai più ne parlerò, ma stasera li volevo in queste righe.

sabato 13 settembre 2014

Indovina


Indovinello
Due porte, sorvegliate da altrettanti demoni, portano l'una alla salvezza e l'altra a morte certa. Un demone mente sempre, l'altro è sempre sincero. Fai un'unica domanda ad uno dei due in modo che risponda "si" o "no", e individua la porta giusta.

Quando ero piccola, adoravo i test logici. Circolava un libro per casa: dopo infiniti passaggi e trabocchetti, era possibile determinare il QI. Nessuno mi batteva.
Poi si cresce, ci si allontana da quel pensiero sciolto, da quel cogliere al volo dissonanze, stonature.
Probabilmente sono pure diventata meno scaltra, meno attenta, paradossalmente più ingenua. Come se nei bambini, quello sguardo analitico e totale sulle cose rappresenti una protezione, una sorta di istinto animale che desta i sensi e pone in allerta. E la capacità di analisi va a braccetto col problem solving.
Resta assai vivo in me però, quello che in Analisi Transazionale viene definito il "piccolo professore", la componente sensibile, fantasiosa, utile alla comprensione non logica degli eventi. E’ l’aspetto della personalità che conduce, a volte, all’elaborazione di soluzioni improvvise e del tutto fuori dagli schemi cognitivi in cui, fino a quel momento, si è mosso il pensiero. Rimanda al mondo delle risposte “magiche” dell’infanzia.
Ora, io lo ringrazio molto di essere così attivo. Ma se sporadicamente lasciasse posto all'avveduto e razionale scienziato (esisterà pure lui, no?) non mi dispiacerebbe affatto.

Soluzione
Devi porre la seguente domanda ad uno dei sorveglianti:
"se chiedessi al demone vicino a te se questa porta conduce alla salvezza, egli mi risponderebbe sì?"
Se risponde "no", varchi la porta, altrimenti scegli l'altra.

Eppure, pareva così difficile.

domenica 7 settembre 2014

Pelosi esseri


"La portata di una presenza si misura con il peso della relativa assenza".

Ci sono persone gatto e persone cane, penso di averlo già teorizzato. I gatti si bastano, non fanno clan, non dipendono, apprezzano e ricercano solitarie contemplazioni. I cani si donano senza riserve, vivono in relazione, e dalla relazione attingono.
Credo sia evidente: mi sento cane.
Ho sempre cercato la prossimità con altre anime. Mi piace addormentarmi mentre qualcuno sfoglia le pagine di un libro. Cucinare, mentre nella stanza accanto si apparecchia una tavola. Fare la doccia, mentre una voce parla al telefono.
Cane. Annusare altri simili, riconoscere attorno il loro odore. Condividere, come priorità. Il cibo, il tempo, un pensiero, un lenzuolo, un racconto.
Condividere contiene un incontro (con), una separazione (di) e una visione (dal latino videre, vedere).
Io voglio guardare assieme. Io sono io, tu sei tu, e il tempo un biscotto dorato, da spezzare a metà.
P.s. per i gatti: non ditemi che il cane è uno sfigato, perchè può anche morire di solitudine. E che il gatto in qualche modo sopravvive comunque. Lo so, ma sono proprio cane. Fino al midollo.

venerdì 5 settembre 2014

Quando la notte

Ieri sera mi sono addormentata con tre pensieri.
Il primo.
Avevo una gran fame, perchè nel pomeriggio la Giuli mi aveva offerto una super merenda e ad ora di cena ho sbocconcellato qualcosa svogliatamente.
Quindi, una volta a letto, ho cominciato a sentire quel vuotino, che sei lì e ti chiedi se è il caso di alzarsi o meno. Poi ti prende la pigrizia. Ma un attimo prima di chiudere gli occhi, ho immaginato un enorme panino. Pollo, maionese e pomodoro.
Per una che deve ricordarsi di mangiare, non è poca cosa.
Il secondo.
Un nuovo taglio di capelli. Quando una donna pensa a ciuffi, scalature, frange, qualcosa bolle in pentola. Un pò come quando decide di svuotare la borsetta. Dopo pranzo, con le forbici da cucina avevo tagliuzzato qua e là, a estro. Mi scoccia da morire perdere un pomeriggio dalla parrucchiera.
Invece prima di abbandonarmi al sonno, ho visualizzato un paio di soluzioni niente male.
Per una nata spettinata è roba nuova.
Il terzo.
Qualche sera fa alla tv trasmettevano "Quando la notte", della Comencini. Il libro mi aveva illuminata, il film (con Timi peraltro, nota bene) annunciava altrettanto. Per vari motivi, non sono riuscita a vederlo. E mi sono ripromessa di farlo, prima possibile.
Per una che si è dimenticata dei suoi dolci e solitari pomeriggi al cinema, non è niente male.
Filippo Timi e Claudia Pandolfi
"Quando la notte"

martedì 2 settembre 2014

La spesa


Mi dia, per cortesia.
Una manciata di quella fiducia cieca, che stava nel mio capo chino mentre recitavo le preghiere. Angelodidiocheseilmiocustode. Calzetti bianchi traforati nei sandali con gli occhielli.
Poi vorrei.
Due etti abbondanti di spavalderia. Sì, quella dei quindici anni, grazie. Capelli gialli e minigonna sull'autobus arancione, in una notte di bora e foglie secche. Nessuna paura, e se mi guardano? Checazzovuoi.
Poi. Abbondi pure con quel dolce consegnarsi alle cose, senza ma e se e domande. Può trovarlo nel mio pigro addentare una pomodoro, le gambe allungate al sole, profumo di lavanda e mare.
Mi chiede se ho bisogno di palpiti, emozione e struggimento? No, grazie, sono a posto. Ho fatto scorta.
Basta così, grazie. Quanto le devo?

mercoledì 27 agosto 2014

Uomini e spazio


Abbiamo camminato parecchio, sulle strade dei viandanti, dei pastori, dei mercanti. Abbiamo attraversato paesaggi e cieli, protetto gli zaini e la testa dalla pioggia sottile, offerto le braccia ad un sole che cercava spazio, acceso dalla tenacia di agosto.
E mentre salivo, vedevo.
Ogni uomo può scegliere quanto calarsi nelle sue profondità o quanto invece allargarsi nello spazio. Esploratori sempre e comunque, ma se nel primo caso si viaggia prevalentemente al buio, nel secondo è luce dal primo istante.
In ogni modo si raccoglie, a piene mani, però la sostanza cambia.
Attraversare il proprio paesaggio (a volte così aspro) e quello di altri uomini, lascia la pelle diafana, lo sguardo febbrile e un'acutezza profonda nel leggere, anche i silenzi.
Muoversi al di fuori, portare corpo ed occhi sulla terra e su ciò che ne affiora, brucia la faccia e scioglie il passo. Dona leggerezza.
Che poi, ho detto "scegliere", ma di scelta non si tratta. Veniamo su così, ortiche o gramigna, steli aromatici o erbe selvatiche.
Cosa sia meglio? O peggio? Verrebbe da dire che il giusto sta nel mezzo. Ma io quel "mezzo" non ho avuto modo di vederlo, ancora.
Allora penso che possiamo imparare. E possiamo insegnare. Restando la specie d'erba che siamo, fedelmente.

domenica 24 agosto 2014

Enlarge your world

Due dita di bianco, le patatine al lime. 
Mi sparo a tutto volume quel "Mad world", che sempre mi porta in volo, sopra le cose.
Enlarge your world

"Nonno leggimi"
"Cosa ti leggo?"
"Pinocchio".
"Ma sempre Pinocchio?"
"Sempre"
E lui allora si sedeva, con l'ingombro di quelle gambe troppo lunghe, così simili alle mie. La vestaglia vinaccia, ben allacciata, una mano a voltare le pagine, l'altra a tenere me.
C'era una volta...un re, diranno subito i miei piccoli lettori. No ragazzi, avete sbagliato. 
C'era una volta un pezzo di legno.
Con le labbra mute ripetevo, ogni parola.

Volevo sposarlo il nonno. Adesso, a ben pensare, credo di aver sempre cercato nel mondo quello sguardo d'amore senza riserve.
Sono stata la redenzione di un anaffettivo cronico, la sua ultima possibilità di far posto al cuore.
Un miracolo, una salvezza quel nostro appartenerci: intorno tutto cadeva, ma noi restavamo in piedi.

mercoledì 20 agosto 2014

Blind date


Insomma, sono stata a Trieste. Da quanto non la attraversavo in solitaria?
Non mi manca il suo fulgore, quella veste da gran sera. Troppo sfarzo.
A dire il vero ho guidato tirando dritto, non guardavo. Calati gli occhiali da sole, ho raggiunto l'acquario col pilota automatico, in stand by. Poi le ho chiamate.
"Ehi, eccomi arrivata".
"Attraversa la strada, siamo al bar!"
Erano lì le ragazze.
Che poi tu scrivi, offri e raccogli parole, intuisci palpiti, allegrie, ma non sai mai. Se ci sarà corrispondenza.
E loro, belle di risate e storie e vite (gatti, amori, sigarette, cieli, rabbia), erano autenticamente loro.
Ho preso appunti, perchè c'ho tanto da imparare. Le maestre son così: conoscono il condizionale, le tabelline, l'era archeozoica, e poi la vita gli pare troppo difficile.
P.s. quindici euro di multa perchè ho dimenticato il ticket del parcheggio. E mi sono pure detta che pareva poco, quindici euro.

venerdì 15 agosto 2014

Lumache impazienti


 Lumachina lumachina
sulla schiena una casina
puoi fermarti qui un momento
mentre fuori soffia il vento?
Lumachina senza pace
di vedere sei capace
che alla fine del tuo andare
c'è il tuo posto, in cui restare?
Lì potrai posar la buccia
sarà luce la tua traccia.

Su e giù in questo agosto novembrino. Vorrei mettere radici, prendere un ritmo, quella rassicurante regolarità di cui ogni animale abbisogna.
Mi piace pensare al mio vestito viola, con i gufetti, che per primo ha trovato casa. E se ne sta lì appeso, anche quando io sono in transito.
Mi piace pensare a quelle due blogger speciali e belle di cui conosco un poco il cuore, ma non il fare, e che fra qualche giorno incontrerò. Che emozione.
Mi piace pensare all'Odissea, al mare, a Circe e alle sirene, che il primo giorno di scuola verranno insieme a me, per allargare occhi e pensieri ai miei bambini.
E poi, è passato anche ferragosto.

martedì 12 agosto 2014

Un giorno, passando


Da dove è iniziato tutto? Me lo chiedevo ieri.
Perchè le tappa evolutive, le trasformazioni, i salti in avanti, a ben guardarli, mostrano il loro attacco. Un giro di do, magari. O un colpo di tosse. Fatti all'apparenza insignificanti, quanto l'accidentale rovesciarsi di un goccio di caffè sulla tovaglia buona.
Allora mi pare di averla individuata, quella spinta del piede al blocco di partenza.
Era domenica, passavo in bicicletta davanti alle vecchie officine. Nella tracolla la piccola Canon rosa che utilizzavo a scuola. Rimasta lì, per caso.
Qualcosa in quel luogo, mi ha chiamata, come sempre mi chiamano le tracce di uomini e vite e voci andate. Che forse mi sembra di trovare un nesso, un senso, un filo, che tutto tiene.
E lì, ho sentito il bisogno di cambiare lenti. Cercare un'angolatura, una luce, un contrasto.
Attraverso la Canon ho visto la porta.
Di un altra vita.

venerdì 8 agosto 2014

Mi volto, guardo

Era aprile, penso.
Due mesi prima avevo toccato un fondo di dolore che mai avrei creduto possibile. Che rende cavo corpo e cuore.
Era aprile penso, e stavo alzando gli occhi, un poco per volta. Ma non mi pareva ancora giusto vedere, mangiare, sentire.
Al banco dell'affettato lui sceglie il crudo buono, io prendo il pane e lo raggiungo. Satello e sorrido. Saltello, perchè tutto quello che voglio, è lì.
La signora mi guarda divertita,  poi si rivolge a lui.
"Una donna felice", dice.
Proprio così.
"Una donna felice".

martedì 5 agosto 2014

Intorno a me


Stamattina ho pensato che se loro ci sono per me, vuol dire che io so esserci, per loro.
Per la mano grande che di notte cerca approdo sul mio sul fianco, mentre il suo respiro colmo, giusto, tiepido, dà ritmo anche al mio, corto, irregolare, leggero.
Per le braccia profumate di G, che ieri mi hanno stretta, senza dire, e che oggi, leste e decise, estraevano meraviglie in saldo fatte apposta per me. Una camicetta. Una felpa. Un jeans. Guarda che belli, provali.
Per gli occhi attenti di S, che mi ha offerto una parmigiana da sogno mentre la sua creatura sdentata mi sabotava il pc. E continuava a dire che secondo lei mancava sale. Olio. Era poco cotta. Invece era buonissima.
Per le parole mai distratte di J, che ha imparato a sognare e inventare e immaginare uscite di emergenza, quando i tempi erano duri.
Per il sorriso che E mi regala sempre, anche se piove fitto su quei suoi ricci rossi.
E così. Ho proprio tanto.

venerdì 1 agosto 2014

Muoversi


Alzati e cammina
per scoprire di essere vivo come non mai
Lazzaro stamattina
e resuscita un pezzo alla volta la volontà
C'era una volta non c'è più
mentre l'unica cosa che resta davvero sei tu
(Subsonica, Lazzaro)

Niente paralizza più della paura. 
Ci sono paure chiare, oggettive, concrete, che si domano con giusto equipaggiamento e spalle ben aperte. 
Altre, più torbide, hanno la sostanza dei sogni, e come i sogni attingono ai ricordi.
Corridoi, assenze, porte sbattute, temporali, spinaci all'olio, dinieghi, solitudini, fogli bianchi, penne rosse, un campanello nel cuore della notte.
Così accade che ti trovi sul ciglio di un'azione, magari banale, ovvia, e il piede tentenna, scarta il passo. La mano rimane sospesa, appena schiusa, non si protende.
Non puoi far altro che tornare a quel temporale. Con infinita pazienza dovrai convincerti ad aprire le finestre, prenderti per mano, indurti ad alzare gli occhi al cielo, dirti che un temporale è soltanto un fenomeno atmosferico, che si esprime in termini energetici.
E quando l'ultima voce della tempesta avrà tuonato a sud, allora potrai tornare. Al tuo passo, al tuo andare.

martedì 29 luglio 2014

A casa

Volevo scrivere un post sull'orrore della Bosnia che ho attraversato con i pugni chiusi.
Volevo scrivere un post che raccontava come il mare, al calar della sera, sa prendere un corpo e sfinirlo di carezze, come il più dolce degli amanti.
Volevo dire di tamerici, lanterne, resina.
Invece non so farlo. Perchè le parole adesso, chiedono di essere posate con cautela. Non si vogliono sciupare.
Restano, attimi di gioia rotonda e pura, impermeabili ai garbugli che la vita presenta senza sosta.
E allora, come già sapevo, non è per me questo mondo di spigoli. So anche però, che posso pensarne un altro, in cui il tempo non sia stretto, in cui la bocca chieda consiglio al cuore, sulla cui soglia lasciare paura, dolore, ferite.
Volevo scrivere un post sulla mia voglia di volare, senza rete.
E invece ho scritto questo.

mercoledì 23 luglio 2014

Selve selvagge

È tutta colpa sua, della Diamanta, se in un placido mercoledì, nel bel mezzo della mia settimana di ferie nel blu, cado a pesce nelle memorie.
E mentre provo a sbirciare (accidenti, ormai è troppo tardi per dare solo un occhio, la porta si è spalancata, e sbatte) l'inconscio, che non si fa mai i cazzi suoi, porta a galla parole a casaccio.
Esta, aspra, forte.
Cerco di metterele assieme. Non c'è un senso.
Così,  visto che anche nella sottoscritta di sensato c'è ben poco, digito su Google.
Esta, aspra, forte.
Eccolo là. Come avevo fatto a non pensarici prima.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!

Inferno, canto primo.
E mi chiedo se è possibile, che gli stessi pinguini ammaestrati, lo stesso vento, gli stessi austeri palazzi, lo stesso dialetto, abbiano lasciato su di noi (me e la Diamanta bella), segni così profondi e così profondamente diversi.
Io, che nego e oscuro quell'infanzia, mi sono commossa.
Nervo scoperto, direbbe la mia amica J.
Appena rinfresca, ci torno. Vediamo l'effetto che fa.

                                  Comunque, sono qui:

 

sabato 19 luglio 2014

Si va


La porto al mare, Gioietta.
La porto sull'isola che si vede blu sopra, sotto e intorrno.
La porto a raccogliere sassi colorati, a mangiare calamari fritti.
Se per caso dovesse chiedermi un braccialetto rosso, l'accontenterò. E ricordandole che "l'erba voglio esiste solo nel giardino del re", le comprerò anche quello celeste, che ci sta bene.
Lascerò che si addormenti presto, sale fra i capelli, un po' di sabbia nell'incavo umido del braccio.

Ciao amici di bloggo, a tra poco. Non scrivete post troppo belli, mentre son via :)

sabato 12 luglio 2014

Vorrei. Anzi, voglio.


Quando ho letto il post di Pier sull'amico fedifrago, mi si sono torte le budella.
E perché mai, mi sono detta, una tale reazione?
Vorrei credere, più che mai ora, alla grandezza dell'essere umano. Grandezza che tocca in sorte a tutti, nessuno escluso, in quanto figli di un creato perfetto, dispensatore di grazia e bellezza. E mentre guardo seduta i monti rotondi, le nuvole in transito, un'esagerazione di verde che satura gli occhi, penso che se da lì veniamo, da quella stessa matrice, dovremmo solo esprimere altrettanta meraviglia e verità.
Invece.
Invece spesso l'uomo è piccolo, storto, inadeguato. Ben misera cosa. Costruisce siparietti di cartapesta dove recita un sè stesso fulgido, luminoso. E finisce per credersi.
Aggira ostacoli, sceglie scorciatoie, dispensa menzogne. Tradisce la vita, la colpisce alle spalle e poi si volta, per non sapere.
L'imperfezione è tutta umana, ma non mi dispiace. L'inciampo, lo sbaffo di cioccolato, il ginocchio sbucciato, un balbettio. Genuina debolezza.
Mi sconcertano invece l'equilibrismo, la tattica di gioco, il calcolo delle probabilità. La perseveranza nel praticare l'ambiguità.
Io voglio corrispondere a me stessa. Voglio i miei danni e le mie lacune, da dire con gli occhi, le mani, la bocca. Ma voglio che mi si possa guardare attraverso, luci e ombre, da ora e fino all'ultimo dei miei sorrisi.

lunedì 7 luglio 2014

Festeggiare, scalare


Così abbiamo fatto la festa sul prato.
E c'erano tutti, comprese un fottio di stelle sfacciatamente luminose.
Al primo bicchiere di vino, abbiamo smesso di preoccuparci per il cibo, le bibite, gli invitati che non si conoscevano e dovevano integrarsi. Allora sì, ci siamo divertiti un mondo.
Io col vestito bianco e scalza, lui con indosso la t-shirt (e la sua camicia azzurra ben stirata e ben chiusa nell'armadio).
Gli amici, le persone nostre intorno, a guardare indietro e avanti insieme a noi, a sbocconcellare bellezza.
Quando la voce roca di Sara ha letto le parole che avevo scelto, ho perso il fiato, il battito. Li ho ritrovati poco dopo, tra la scapola e l'orecchio di un ragazzo di montagna.

L'amore nostro è la forza che mi ricarica per semplice contatto, 
che spinge ancora quando non ho più fiato, 
perché so che c'è lui con me là sopra, e così continuo. 
L'amore nostro è il mio combustibile, un'energia pulita. 
 Questa nostra formazione annodata mi fa credere di poter riuscire. 
Lui ce la farebbe anche da solo, ma in due, con me, per lui è più bello, più goduto. 
Pure per me è così, però con la certezza che senza di lui mi mancherebbe la volontà, 
più che la forza.
Ma così come siamo forti, siamo fragili il doppio. 
Senza uno di noi, l'altro non può. 
Noi siamo quest'impresa in comune di scalare, non possiamo accettare altro formato. 
Non è un patto, non l'abbiamo scritto e nemmeno detto. È così. 
(E. de Luca, "Sulla traccia di Nives")

giovedì 3 luglio 2014

Raccolgo

Ho pensato che si può solo partire dal bello.
Basta disfare, destrutturare, smontare. Adesso ho bisogno di mettere su.
Così cerco e raccolgo schegge dolci, di caramello biondo.

L'altro giorno si chiacchierava in giardino, al centro estivo. Ritrovo negli occhi di una mia alunna la stessa paura bambina che ricordo così bene. Racconta, lucida. Non sa affrontare il sonno, lasciarsi scivolare lieve nella notte. Anch'io, come lei, alla stessa età.
Allora il giorno dopo la chiamo a casa. Il papà che risponde al telefono e poi me la passa, ride di questi nostri segreti.
"Ehi, dormito ieri sera?"
"Sì, proprio benissimo, senza neanche leggere".
La bambina che sono stata si volta, felice.

Nella casa di fronte abita una signora bionda: minuta, veloce, di mezza età. A volte è così bella da guardare che mi tiene lì, alla finestra.
Con i calzoncini corti e il cappellaccio, da lontano pare una ragazzina. Taglia l'erba, pota la siepe, rastrella, seduta a terra fa qualcosa che non so, forse sceglie dei semi.
Ci salutiamo con la mano, e torna alle sue cose.

Ho ritrovato mamma-albero, in una breve camminata solitaria. Non ero sola in verità,  perché come dice lui, "porto sempre un altro paio di occhi".
L'ho guardata, accarezzata, ho poggiato la mia guancia alla sua scorza.

domenica 29 giugno 2014

Incursioni nel mondo

Passo un'oretta al sole, sul Ponte del diavolo, a Cividale.
Pare che il Maligno abbia contribuito alla sua costruzione in cambio dell'anima del primo che vi fosse transitato sopra. Per realizzarlo nel breve spazio di una notte si scomodò anche la madre, trasportando nel grembiule l'imponente scoglio centrale. I Cividalesi però beffarono il diavolo, facendo percorrere il nuovo passaggio da un animale, cane o gatto a seconda delle versioni.
È un posto bello, scelgo una posizione defilata rispetto al grande movimento legato alla manifestazione. Dopo un pò,  la gente mi confonde, mi satura.
Alla faccia del pantalone bianco, siedo a gambe incrociate sul lato della scalinata, e osservo.
Le persone portano le loro scelte, più o meno pavide, più o meno ardite. Gliele vedi addosso, in faccia, nei passi, nel modo di tenere la testa.
Mi chiedo se lo sappiamo tutti che siamo nati per vivere, adesso e qui, sotto le costole un ritmo irregolare, che non si fa dimenticare.
Poi mi distrae una voce baritonale, che intona qualcosa di vecchio. La folla in transito si ferma un attimo, si volta, fiuta. L'anomalia, la difformità: il flusso lento e pecoresco dell'insieme si strappa, per un attimo.
Lui avrà quarant'anni, un buon aspetto, pulito e dignitoso. Non capisci se sia già ubriaco a quest'ora del mattino o se i freni inibitori lo abbiano abbandonato per qualche sberla della vita.
Canta, ride, apostrofa i passanti. Lo buttano fuori dal museo perchè contempla un quadro disteso a terra, sul pavimento. "È la prospettiva migliore", dice mentre lo sollevano di peso.
E io seduta lì, penso che in questo matto vedo bellezza. Vedo il varco, la breccia.

Pranziamo all'aperto, in un luogo che ricordavamo bello, ma non così bello. Assaggiamo un rosso di ferro e fiori. Infiliamo gli gnocchi gialli con la forchetta, parliamo di ieri, oggi, domani. Guardiamo il gatto guercio, scegliamo un dolce al caffè.
Mi pizzico un braccio, per ricordarmi che è proprio tutto vero e possibile e mio.

mercoledì 25 giugno 2014

Orgoglio
















Ultimo giorno di esami.
I miei bambini sciamano felici in cortile.
A me, che pare di non aver fatto abbastanza.
A me, che non ho mai le risposte. Ma poi le cerco, con loro.
A me, che in questi mesi pensavo di dare briciole. Ma pane non c'era.
Ecco a me, è sembrato impossibile. Vederli leggeri, a spasso sul planisfero e nel tempo. L'Oceania e le sue bestie, i Fenici e i boschi di cedri del Libano, il Nilo, i capricci degli dei, il gioco del "se fossi" a trasformarli ora in delfini lustri, ora in monumentali elefanti africani.
Le maestre che ci hanno ospitati non si capacitavano. Che si possa imparare con la pancia e il cuore.
Grazie bimbi, avete dato luce ad ogni parola pronunciata, ad ogni pagina sfogliata, a tutte le sterili sequenze di date, e nomi, e luoghi, che si devono imparare.
E io mi sono beata.

venerdì 20 giugno 2014

Semplicemente vivere


Com'è, come non è, ieri sera sono andata in pappa.
Astenia, debolezza, senso di mancamento, corpo che non risponde a dovere.
Mangi? Poco e male.
Dormi? Come sopra.
La dottoressa del Pronto Soccorso dice che il cuore saltella, e suo piacimento stoppa, così per sorprendermi.
Mi accarezza il viso e sorride, come vedesse attraverso.
"Sei sotto con gli elettroliti, totalmente disidratata". E giù una flebo di sali, che dopo quindici minuti comincia a dopparmi. Divento lucida, riprendo calore e colore, chiacchiero.
Insomma così. Devo SEMPLICEMENTE mangiare, bere e dormire. Solo che a me adesso pare un'impresa eroica.
Resta un ricordo di leggerezza. Esco dall'ospedale nella brezza dolce di giugno e gli vado incontro un pò suonata e spettinata, ma felice. Lui è lì, nella maglietta celeste.
"Bimba mia". E io mi confondo, in quell'abbraccio.

sabato 14 giugno 2014

Addosso

Vorrei vestirmi da Regina della Primavera, come Sabrina, in terza elementare. Una bacchetta di giunchi intrecciati e rose selvatiche.
Vorrei vestirmi da Stella, gialla sul nero, unica fra uniche a centinaia, dipinta sullo scenario storto di un recital di fine anno. Lanterne appese, sedie di legno. Frinire di grilli.
Vorrei vestire il tubino a bolli della nonna, ventenne su un terrazzo, le gambe tornite e scure. Protesa, le spalle aperte come a dire "eccomi".
E vorrei la buccia spessa da aborigena, capelli di stoppa e sole. Addosso i miei anni, niente di più.

mercoledì 11 giugno 2014

Intrecci


8 giugno 2014
C’innamoriamo di minuzie, di riflessi in cui vediamo l’altra persona come pensiamo che nessuno l’abbia mai vista e mai la potrà vedere, e custodiamo questi attimi di unicità in forma d’immagine...
(Diego de Silva, Mancarsi)

Abbiamo salutato due alberi amanti. Fuso il legno dell'uno in quello dell'altro, il ramo nodoso del primo plasmato sul tronco liscio del secondo. 
Belli da togliere il fiato.
A tratti in questi giorni sono riuscita a credere che la mia struttura sia ben fatta, che regga bene. Che possa accarezzare ed essere accarezzata, sfiorare e poggiarsi lieve, senza gravare.
Qualcuno da lassù, sorrideva.

-Mia nonna, quando il nonno morì, si mise a dormire al suo posto. Diceva che in quel modo non sentiva il vuoto accanto.
-Così,- quando di notte si svegliava, guardava il posto vuoto vicino al suo e pensava: «Ma vedi, non ci sono»
(Diego de Silva, Mancarsi)

venerdì 6 giugno 2014

Ero, sono


Disse che la luce in cui si abita da giovani sarà la luce in cui si vivrà per sempre.
(A. Baricco, Tre volte all'alba)

Si parlava così, e raccontavo.
Di quando, poco più che maggiorenne, guidavo il pulmino del Centro. Otto posti.
Io alla guida e sette adulti diversamente abili e diversamente agitati alle mie spalle. Cantavano, ridevano, commentavano culi e tette delle passanti, picchiavano sul vetro per salutare gli automobilisti.
Quando la responsabile mi dava le chiavi del mezzo dicendo "portali al mercato", non stavo nella pelle.
Mi piaceva, mi faceva sentire grande, capace.
Loredana, brutta da morire, ma corteggiatissima dai frequentatori del Centro. E Sulvan, nome e altezza improbabili, che incrociando la gente per strada minacciava torvo "è mia Gioia, è mia".

Quindi sì, io abito quel cono di luce. Anche se a volte forse, mi sposto un po'.

mercoledì 4 giugno 2014

In the dark


Sarà buona, questa notte. Lo  so.
A volte invece le ore piccole arrivano, e sono un abisso da attraversare: occorrono le bombole.
Troppo tardi per uscire, sfinire le gambe. Il cielo, che mi mostra - più che mai adesso - quanto il mondo sia meraviglioso (cit Modugno/Negramaro), tace.
E la paura si prende il comando. 
Roba mia, archeozoica. A chi la spieghi, come racconti che la conosci da sempre, che ti salta alle spalle, ti piazza le mani sugli occhi, e non molla, finchè non ti ha steso?
Ieri, mentre scandagliavo i miei fondali, ho scoperto che pure G era sveglia. Non dormiva ancora.
Allora nel centro della notte ha trillato un telefono, ed erano mille telefoni. Perchè quando tutto dorme i rumori così fanno: da uno diventano tanti.
Mentre parlavo e dipanavo, sono risalita pian piano in superficie.
Ci prendiamo in giro, alla fine. Riusciamo a ironizzare su queste nostre teste rotte.
Sai cosa sei?, mi dice prima di salutarmi. Una fonte inesauribile di punti esclamativi e punti di domanda.
E di rotture di coglioni, aggiungo io. Lei ride.
Buonanotte amica.

lunedì 2 giugno 2014

Logico


Tre giorni per guardare dietro la porta. 
Padelle, nuvole, un divano volante, il bucato da stendere, sogni da sognare un pezzo ciascuno.
E le persone che arrivano, respirano aria buona in terrazza. Dicono "come si sta bene qui". Glielo vedi in faccia che stanno bene, che non se ne andrebbero a casa. Allunghi le gambe sotto il tavolo, allunghi le ore in compagnia, poi ti addormenti che sorridi ancora.
Una sorpresa di versi, da leggere su ogni scalino, perchè non succede quasi mai. 

Logico sì, è logico
per tutti persino per te
ragazza dagli occhi caleidoscopio
solo la luce corre nel vuoto
Non succede quasi mai
a due come noi
di credere 
che sia possibile
trovare un complice 
in questo disordine
Tracciare un’orbita 
nell’atmosfera
Amore mio la logica non è sincera

giovedì 29 maggio 2014

Quasi giugno

Parco Triglav, giugno 2013. Foto di Gioia

Giugno a breve. Dodici mesi sono trascorsi da quando i nostri passi si sono fiutati, per la prima volta, in terra slovena. 
Io che morivo dalla voglia di fumarmi una sigaretta, sorseggiando la birra fresca. Ma come mostrare una tale pecca, dinanzi ad un montanaro-arrampicatore? 
E poi, il miracolo di quelle sue Camel, posate sul tavolo come niente fosse, mentre raccontava.
- Ma come, fumi?
- Una ogni tanto.
- Anche tu Camel. Dai, passamene una.
Lì ho visto oltre, dentro, dietro. Ho visto il suo giovane anarchico, l'indisciplinato, il ribelle. Quello imbavagliato, silente, che non si mostrava più.
Eccolo lì, mi son detta. Eccolo.
Quante cose sono cambiate in dodici mesi? Quante ne abbiamo spostate? Infinite.
Giugno a breve. A questo punto dell'anno (scolastico) comincio a cedere.
Sono stanca, i bimbi mi sembrano molto rumorosi e particolarmente voluminosi, fatico a mantenere un sano controllo. E' giunta l'ora di staccare un po'.
Invece, è proprio in questo periodo pre-estivo, che gli impegni (scolastici) diventano più pressanti. Raggiungere obiettivi, preparare verifiche, consegnare programmi. Festa finale, raccolta degli elaborati, pagelline, montaggio del video con le foto.
E fa già caldo.
Oggi, classe prima, gioco del mi piace-non mi piace. 
B., sei anni:
Mi piace la pizza. Non mi piace litigare con mia sorella. Mi piace la scuola, perchè c'è Gioia.
Dai maestra, che due settimane passano in fretta.

lunedì 26 maggio 2014

Finestre



C'è un ricordo che a volte guardo con orgoglio, come si fa con un fregio, una medaglia, un premio. Il ricordo è abbastanza recente: si trascina ancora dietro vivi, suoni e odori. 
Ci trovo una me bella, come da schiudere. Nessuna idea di quello che sarà, la leggerezza ignara, imprudente e un po' ottusa, ma dolce, dei primi tuffi.

Giro una chiave pesante, con pretese lustre d'ottone. La camera è un corridoio stretto e bianco. In fondo, un grande occhio spalancato sulla piazza gialla d'agosto.
Mi affaccio subito, lascio spalle e braccia al sole, finchè non bruciano e guardo di sotto, il formicare lento del primo pomeriggio. Camicie di lino e cappelli di paglia col nastro.
Alle mie spalle l'ombra fredda del condizionatore e una tavoletta di cioccolato aperta, sul letto.

Certo che è incredibile. Pensare a quello che siamo stati, alle prove superate, alle porte chiuse o aperte, a come il nostro corpo si è mosso, sulla scacchiera. 
Un passo a destra, due avanti.

sabato 24 maggio 2014

Sii felice


Da quando nella mia vita tutto si è capovolto, da quando ho capito che il caso, non è mai un caso, da quando ascolto, accolgo, mi faccio attraversare dagli accadimenti, è come se vedessi meglio.
Soffro come una bestia, sia chiaro. Perchè mollare una visone antropocentrica per affidarsi al creato, non è proprio una cazzata. Ti viene da remare contro, da tornare a piantar paletti.
Qualche giorno fa un amico caro mi ha proposto un caffè, due chiacchiere. Oggi siamo riusciti a incontrarci, casualmente e per scelte logistiche in un posto che per me significa e ha significato tanto: in quei pressi il mio primo lavoro fuori dal "già scritto", le soste-merende tornando dal fiume calda di sole, i cappuccini invernali all'aperto, una sigaretta e un bacio per aprire le nostre danze del sabato mattina.
Insomma, proprio lì ci siamo dati appuntamento. E proprio lui, che ha portato nella mia vita cose tanto grandi e belle (l'uomo che amo, la scuolina in cui insegno), oggi davanti ad un chinotto, mi ha posato fra le mani un messaggio, arrivato da chissà dove. Un sorriso, il perdono di qualcuno che mi è appartenuto, a cui sono appartenuta.
Come a dirmi che sta bene, che posso smettere di stare in pena. E vivere.

venerdì 23 maggio 2014

Prendere, dare

Addì 22 maggio, Anno Domini 2014: la Gioia si è arrampicata per la prima volta.
Ma davvero, con l'imbrago e tutto.
Prima di puntare i piedi, le dita imparano a tessere nodi. Come se tutto partisse dalle mani, dalla loro destrezza, dalla loro sensibilità. Un allenamento a sentire con la pelle, a tenere gli occhi attenti, sulla corda. 
C'è un tempo di attesa, in cui guardare. Chi prima di te apre la strada, sale armonico, ti mostra la lentezza del decidere. Che poi decidere non è, perchè la pietra ti invita solo a sentire. E' già tutto lì.
Più tardi, al supermercato si compra prosciutto e pane. La signora al banco ci osserva sorridendo, ci offre una fetta rossa di San Daniele. 
Una bella cenetta..vi invidio un po', dice allegra.
Un giovedì. Che era solo un giovedì. Eppure sapeva di sabato.

Mi piacerebbe adesso mostrargli qualcosa, qualcosa di mio. I luoghi in cui sono cresciuta, per esempio, quella periferia grigia che io trasformavo ogni giorno al risveglio. Una jungla, il far west, la selva oscura, un villaggio bianco. Per infilare la giacca e uscire, all'avventura.

Romano per me lassù è puro spirito, un fiato che mi apre la via verso l'alto. Romano è la traccia che pure quando si allontana al suo ritmo furioso di salita, 
mi riduce l'attrito, come fa il migratore che sta sulla V dello stormo.
(Sulla traccia di Nives, Erri de Luca)

mercoledì 21 maggio 2014

Progetti


Sento ieri questi amici, dopo parecchio tempo.
Ne hanno di casini, da vendere. Eppure in qualche modo, hanno sempre guardardato avanti, oltre l'ostacolo. Un'idea, uno specchio d'acqua, un sogno, un campanile.
"Come stai?", domando a lui.
"Stanco ma tranquillo", risponde. E trova la voglia per chiedere di me, per mettermi davanti allo specchio.
"Ti ho conosciuta mentre organizzavi un percorso: tre tappe attorno a un lago. E ti ho vista riorganizzare il tuo, di percorso. Devi volare alto, come stai facendo, senza paura".
Così.
Bei cuori, merce rara. Vorrei che la vita adesso mostrasse loro un po' di sole. Quando scalda, è più dolce il sognare.

Domenica guardavamo in silenzio il nostro albero disegnato sul compensato, che ora ha un bel tronco proporzionato e robusto. Lo guardavamo e poi dicevamo che si fa su un pezzetto alla volta, e cambia, basta una cancellatura, un tratto deciso o sfumato.
Ci somiglia sempre di più.  E come noi, come le cose che pian piano aggiustiamo attorno, cresce e punta verso l'alto. 
Un progetto ambizioso, grande. Ma lo vedo già fatto, ed è pura meraviglia.

lunedì 19 maggio 2014

Non per tutti


L'ho già detto. Con parole diverse forse. O magari in altri tempi, perchè è nel tempo che il dolore si stringe, si allunga, passa attraverso buchi di serrature. Mai lo stesso, mai grande uguale. Sembra andare, poi discreto ti batte la schiena. Lo guardi, e non sai chi è, come uno che avevi perso di vista ed è invecchiato male.
Allora capisci che non ha più la stessa forza di prima, che è stanco, ma si è fatto scaltro. Ha esperienza.
Sì, l'ho già detto. Camminare accanto a chi porta dolore, richiede fegato. 
Per alcuni è più semplice, perchè l'hanno visto in faccia, e lui non si fa dimenticare. Lo riconoscono al volo: nel tuo piegare appena la testa di lato, nella mano che porti alla nuca mentre cerchi di raccontare. Sono quelli che sanno come sfiorarti, se parlare, se tacere, quando metter su una tazza di tè. Ti offrono quello che avrebbero voluto per sè, nel tempo della battaglia. Generi di conforto.
Altri invece, non se la sono sentita. Hanno deciso di non scendere in campo, di non affilare il coltello. Resa totale: scorciatoie, maschere, mimetismo. Allora è ovvio, il tuo dolore sa di sconfitta, la loro sconfitta, e non si possono permettere di guardarti attraverso. 
E io stasera penso che carezze, parole, silenzi, tazze di tè, non mi mancano mai. Mai.
Chi resta, chi mi cammina a fianco, ha davvero le palle. 

sabato 17 maggio 2014

Semplice


Come vorrei.
Esser capace di fare come te. 
Di vedere con chiarezza, di star ferma quando le cose chiedono attesa. Osservare, raccogliere, lasciare andare, e poi dire, attraverso gli occhi e la misura.
Anche oggi. Con grazia sei venuto a parlare ai miei bambini. Del tuo orso, che poi sono tanti orsi, e che portano nomi strani. Madi, Socrate. E loro felici a chiedere. 
Ma com'è grande? E se lo incontro nel bosco? Posso accarezzarlo? E come fai, a fotografarlo?
Tu sorridi, pensi, rispondi.
Io senza pelle, da tanta gioia.
Mi dici "è tutto così semplice", e allarghi le braccia. Allora mi sembra che davvero il verde sia foglia e il bianco, pane.

La vita è così, stupisce

La vita è così, stupisce

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