L'altro giorno una bambina mi ha domandato cosa vuol dire "campanile". Come quella volta in cui si parlava del circo e due alunni di prima hanno chiesto lumi. Non avevano idea di cosa fosse.
Ho creduto di aver sentito male, quindi le ho chiesto di riformulare la domanda.
"Non so cosa vuol dire la parola campanile, maestra".
Circo, campanile. Mi son chiesta cos'avessero in comune queste due parole.
Mi è capitato spesso di cercare di orientarmi per raggiungere il cuore di qualche paesino e in mancanza del navigatore ho sempre cercato di adocchiare il campanile, la chiesa. Lì era il centro nevralgico, lì era la piazza, il municipio, la posta, il bar, la scuola.
Ma non è più così. I bambini non giocano nella piazza, le rondini non volteggiano nel loggiato della chiesa e il suono delle campane non annuncia i vespri e l'approssimarsi dell'ora di cena. I palazzi in città occultano ogni cosa e l'orizzonte è invisibile.
La mia eroina Heidi, arrivata a Francoforte, cerca un posto in alto per vedere tutto attorno. Allora il bambino che suona l'organetto, la porta proprio sotto il campanile del duomo e lei corre su. Per dirne una sui campanili.
Nello stesso modo, i circhi grandi e piccoli che popolavano le periferie polverose d'estate e rappresentavano per i bambini - insieme alle giostre - una rara occasione di svago (al di là delle questioni animaliste), ora sono quasi scomparsi. Hanno poco grip: tempi lenti, niente effetti speciali, odore pungente, poltroncine di plastica.
Capisco tutto, non mi oppongo al naturale evolversi delle cose, trovo normale che un multisala risulti più accattivante di un circo. Eppure mi spiace, mi sembra che i piaceri nuovi, pronti a sostituire i vecchi, ci trovino comunque più passivi e inermi. Meno lieti.
Scompaioni i circhi, si dimenticano i campanili e le persone si annusano su Tinder. Che non capisci neanche se uno sa di buono. Ma ne riparlerò, perchè devo ancora chiarirmi alcune cose.
E' solo che mi viene da ritirarmi sempre di più nella mia chiocciola e poi Francesco si arrabbia.