mercoledì 29 gennaio 2014

Interissima Joy


Siamo animali sociali, da branco. E' provato scientificamente: fuori dalla relazione di scambio tendiamo a spegnerci.
Ora, va capito il senso profondo di quel relazionarsi. C'è chi si fa bastare contatti epidermici e sporadici, chi instaura legami intensi e viscerali, chi invece vive situazioni simbiotiche o dipendenti. Credo abbia che fare con la nostra storia, con quanto ci hanno resi emotivamente autonomi e capaci di aver cura di noi stessi.
Ebbene, mi hanno fatto credere che la mia sopravvivenza fosse legata ad altri. Per dirla meglio, mi hanno passato il concetto "esisti finchè io confermo la tua esistenza".
In questo recente e illuminante dischiudersi di prospettive, scopro invece che io resto tutta intera indipendentemente dalla presenza dell'altro. 
A qualcuno sembrerà di un'evidenza sconcertante, a me sembra meravigliosamente liberatorio. Come scaricare un enorme zaino dalla schiena: giù per terra, di botto. Spalle sciolte, collo libero.
Ho desiderato stamattina raccogliere la sciarpa, il berretto, la tracolla. E correre verso il mare.

martedì 28 gennaio 2014

E' tempo


Ecco, puoi partire.
No scusa, aspetta un altro attimo. Tieni duro, coraggio.
Poi non pretendere troppo, il tempo ammorbidisce ogni cosa. Brava.
Ehi, quasi ci siamo. 
Un momento di pazienza, poi vai.
Dai, abbi fede, ormai è fatta!

Da un anno (o forse molto di più?) mordo il freno. Come ai blocchi di partenza, i muscoli gonfi di attesa, il pensiero azzerato dall'istinto.
Ma appena giungo ad intravedere l'assicella del traguardo, pare che questa si sposti.
Un po' più in là. Ancora un po'.
Mi prende per il culo? Non era qui ad uno sputo? Com'è che adesso non la vedo?
Va bene, paziento. Però si può vivere così a lungo nell'indefinito? Programmi a breve termine, che devono sempre tener conto di altro. Altre persone, altre cose, altre sensibilità, altri dolori, altri progetti. E io? E quello che voglio io?

Un anno. È lungo un anno, cazzo.
Le stanze ingombre di roba, cumuli di macerie. Sono stanca di vederle.
Cerco nel mucchio qualcosa da mettere addosso, ed è tutto troppo grande, o troppo piccolo.
Allora indosso un abito soltanto, di seta grezza, che mi accarezzo addosso con cura infinita. Quanto è bello. 
Una spazzolata ai capelli e sono pronta. Permesso scusate, devo andare.

domenica 26 gennaio 2014

Domani, è lunedì


Cose e cose


Oggi c'era il sole. Il sole. Non lo si vedeva da settimane.

Cose belle
- krapfen (detto bombolone da Padova in giù) e cappuccino consumati all'aperto, senza giubbino
- una decina di coccinelle vaganti fra bagno e cucina
- il tavolino Lack bianco montato (cantando Happy di P. Williams)
- i fusilli pomodorini e ricotta, improvvisati al volo

Cose bellissime
- cogliere le priorità, come rivelate
- il guardaroba Pax quasi montato
- ricordare, senza dolore, con indulgenza
- un tramonto vista alpi innevate
- latte e biscotti, dalla stessa tazza

Aveva mani spellate da un malanno, il solo che ho amato. Veneravo quelle dita screpolate, rosse, indolenzite, non l'ha creduto mai. Fosse stata lebbra gliel'avrei leccata per appiccicarmela alla lingua, fosse stata morte l'avrei voluta io. 
Meno di questo, l'amore non è niente.
(E. De Luca)

venerdì 24 gennaio 2014

Speleogioia

Una bella allergia sul lato sinistro del viso. Mi capitava anche in adolescenza, di svegliarmi tutta a chiazze rosse. Per due o tre giorni non c'era verso di farmi uscire di casa. Ne scaturivano poemi leopardiani notturni, struggimenti e drammi esistenziali.
Ora evito lo specchio, ingerisco del buon cortisone, e prima di infilarmi sotto le coperte appilco un impacco di crema lenitiva.
Spalma, spalma, spalma, fronte, naso, guance, stasera sono rimasti fuori solo gli occhi.
Ogni cosa sparita e livellata, come quando nevica, ma gli occhi parevano allargarsi e prendere spazio, in tutto quel bianco. Lucenti e celesti stavano lì spalancati, mostrando le mie profondità.
E c'ero io a 3 anni, mentre allacciavo i bottoni al grembiule azzurro di Moreno.
E c'ero io a 5 anni, nel cinema sotto casa, bocca aperta, naso in aria, una Morositas attaccata al molare.
Avanti, ancora avanti, c'ero io a 14 anni, le vasche sul corso, troppo rossetto e poca gonna.
Ecco cosa vedi quando mi prendi gli occhi e dici da qui guardo tante Gioie, e sono una più bella l'altra.

mercoledì 22 gennaio 2014

E faremo anche questa


C'era una volta Cappuccetto Rosso.
Se c'è una cosa che mi piace di questa svolta, è scoprire che sono capace.
Di aggiustare, tenere i miei conti, muovermi nelle asprezze.
Ieri, dopo aver indossato la mantellina e raccolto il cestino, ho preso la strada del bosco. Cammina cammina, ecco il buio farsi più fitto, il sorriso più spento, il sentiero più stretto.
Da sola, e mai da sola. Tutti lì stavano, bastava voltarsi.
Minchia, la vita non ci ha fatto mancare niente, mi scrive lei.
E noi abbiamo attraversato tutto, rispondo.
Poi con l'altra che arriva a sorpresa, si ride per mandar via il piangere, bevendo un chinotto.
Se la scrivessimo la nostra storia, ci direbbero che puzza di fiction.
Le colleghe-amiche, chiocce protettive e attente, in filo diretto.
Ecco, quando il bosco si è lasciato aprire dalla luce e il cestino era colmo di fiori, l'impavida Cappuccetto ha accennato ad un saltello o due. Prima di abbandonarsi e riposare, sul respiro più amato.
Sono con te, qualsiasi cosa sia.
Io solo questo chiedo.

domenica 19 gennaio 2014

To be by your side

E' uno di quei giorni che, ti prende la malinconia, e fino a sera non se ne va più.
Poi però ci sono quegli occhi, che mi mettono assieme. Quella mano asciutta e calda, che si posa fra lo zigomo e il collo, a dirmi che le cose stanno prendendo la giusta forma, il giusto colore.
E nei blogghi amici, leggo citazioni come questa:
Aspettare che ‘passi’, nella vita, non è mai una valida soluzione, fa perdere di vista il presente, ipoteca il futuro alla luce di una non meglio precisata aspettativa di una condizione migliore che esiste solo nella mente. (Daffus)
O questa:
Se tu sarai capace di stare senza attesa, vedrai cose che gli altri non vedono. Quello a cui tieni, quello che ti capiterà, non verrà con un’attesa. (The scientist)
E sorrido un po', perchè è vero che stamani, nella pioggia battente, ho saputo disperdere ogni inutile trepidare.
 

From the deepest ocean
To the highest peak,
Through the frontiers of your sleep.
Into the valley where we dare not speak,
To be by your side.

Across the endless wilderness
where all the beasts bow down their heads.
Darling I will never rest
till I am by your side.

Every mile and every year
Time and Distance disappear
I cannot explain this, dear No,
I will not even try.


Dai profondi oceani
Fino alle cime più alte,
Attraverso le frontiere del tuo sonno
Nelle vallate dove non osiamo parlare
Per essere al tuo fianco.

Attraverso gli luoghi infiniti e selvaggi
dove tutte le bestie chinano il loro capo
Cara, io non riposerò mai
finché non sarò al tuo fianco.

Ogni miglia ed ogni anno
Il tempo e le distanze scompaiono
Non riesco a spiegarlo, no tesoro,
E non ci proverò nemmeno.

sabato 18 gennaio 2014

Dicono di me

Gioia è una maestra buona come il pane.
Capelli biondi, alta e porta sempre gonne, vestitini neri e stivaletti.
Molto simpatica ma anche severa: quando pianifica cose da realizzare entro l'anno, quasi sempre riusciamo a finirle!

Così parlò la mia alunna di quarta. Analizzo.
1) quindi, la bestia che abita in me non l'hanno ancora intuita, accidenti?
2) gli adorati stivaletti, di svariate forme e colori, pare facciano ormai parte delle mia persona...che sia il caso di cambiare scarpa?
Gli ultimi arrivati :)
3) riguardo alla misura della mia severità e della mia determinazione, sollevo alcune riflessioni. Pianificare così a lungo termine (365 giorni) già mi pare segno di indolenza. E passi. Ma che poi, nonostante la morbida tempistica io raggiunga quasi sempre gli obiettivi, sembra piuttosto sconsolante.
Però...
4) ...sono molto simpatica. E in questa giornata uggiosa, non è roba da poco.

venerdì 17 gennaio 2014

Fare e non fare

Ho voglia di cucire. Come quella volta del vestito bianco e quell'altra, della gonna fatta con la stoffa colorata dell'Ikea.
Cucire, come cucinare, lavorare con il legno, dipingere, mi danno l'impressione di un fare produttivo, concreto, che partorisce cose. Una torta, un appendino, un centrotavola, una sciarpa. Quando hai finito fai un passo indietro e guardi soddisfatto il frutto delle tue fatiche. Poi lo mangi, lo indossi, lo utilizzi. Niente seghe mentali: spazio all'azione, al corpo.
Nella mia esistenza ideale faccio la maestra, e fin qui ci siamo. Alle 13.30 salgo sul mezzo e raggiungo il mio luogo ameno. Stop. Nient'altro.
Dove sta la dimensione onirica, fantastica ed irraggiungibile, si potrebbe dire?
Esattamente lì, nel luogo ameno. Una stanza piena di luce affacciata sul verde, munita di grande cucina, tavolone da lavoro, e un divano-zattera sul quale dormire, mangiare, leggere, guardarsi un film, scrivere, ascoltare musica, prendere e dare abbracci.


Spesa due volte al mese e pane fresco preso al volo, prima di rintanarsi a casa.
A sorpresa arrivano gli amici, le persone care, si versano un bicchiere di vino rosso, si mettono su un caffè, e stanno quanto vogliono.
Curioso, avevo aperto con un'esortazione al "fare".
E chiudo accarezzando (ora più che mai) il mio luogo pigro e dolce del "non fare".
Immagino che abbia un senso.

mercoledì 15 gennaio 2014

Fiutare


La voglia di essere assolta a volte preme.
Per una come me, così assetata di carezze, la disapprovazione è un calice decisamente troppo amaro.
Eppure, inaspettatamente, quando è arrivato il momento di salvare la pelle, la bestia spaventata e tremante che ho sempre creduto abitasse in me, ha rizzato il pelo. E' guizzata in avanti, guidata solo dall'istinto animale.
E non era un coniglio bianco. 
Come tutte le bestie vissute in cattività, ingentilite dal troppo cibo e da un riparo sicuro, ha vagato persa, pesta, storta. Incapace di fiutare le piste, ha infilato provinciali polverose di autotreni, raccordi e autostrade. Testa china, cuore in secca.
La chiamava solo un rumore eterno, una voce possente e dolce, un ritmare sempre uguale di abissi e viscere: il canto del mare.
Ora, questa bestia che non teme più la notte, se ne sta lì, in faccia all'Oceano. Lì, dove voleva arrivare.
Potranno assolverla, o condannarla.  Ma lei, felice, abbaia rauca alla luna.

lunedì 13 gennaio 2014

Ecco perchè


In terza elementare ho cominciato a raggiungere la scuola Rossetti da sola.
Ci pensavo stamattina, fumando la prima sigaretta, mentre guardavo un cielo gonfio e grigio. Ho pensato che a otto anni l'inverno era sempre inverno, la primavera era sempre primavera e il giaccone era sempre lo stesso. Io impassibile, nessun disagio, nessun fastidio. Crescere a ritmo, nient'altro.
L'unico cruccio, che non conosceva stagioni, era la bora. Si annunciava già al risveglio, picchiando sulle tapparelle ancora chiuse. Allora sapevo che infilare il vicolo del cinema sarebbe stata una questione impegnativa. Controvento, la testa china, l'aria fredda a risalire dalle caviglie e dai polsini.
Poco davanti a me, ogni giorno Guido con la sua mamma. Odiosa come i cavoletti di Bruxelles. Rallentavo, ma lei aspettava.
"Hai fatto i compiti? Guarda che oggi la maestra ti interroga...", e giù a ridere brutta, assieme a quel figlio brutto, sempre silenzioso e curvo.
Sottopassaggio, fruttivendolo, ricreatorio, lattaio, salita.
Una volta in classe, bastava quel cenno della maestra Anita per mettere in ordine ogni cosa. Come a dire "ehi piccola, buongiorno, ti ho vista". Io le sorridevo, raggiungevo il mio banco, e fuori dalle finestre, nella periferia di cenere e cipolle, poteva anche accadere il finimondo. Io, ero arrivata a casa.

domenica 12 gennaio 2014

Orticaria


Ore 12, IKEA.
Dopo aver attraversato migliaia di mq fra piano espositivo e magazzino, decriptato i codici, prelevata la merce (scaffale 9 e posto 13? o scaffale 13 e posto 9?), superato le casse e acquistato le polpette Kottbullar, li vedi raggiungere l'uscita principale. Segnati dai neon, vinti dalle temperature asiatiche.
E come se non bastasse, proprio davanti alle porte scorrevoli, quando si illudono di aver finalmente raggiunto la meta, incontrano la forca caudina: un banchetto per la raccolta fondi. Associazione umanitaria.
Allora. Tanto di cappello a chi si smazza il sabato mattina per una causa benefica. Bravi.
Però penso che chiedere, sia questione di grande equilibrio e delicatezza. Si può fare in modo discreto, educato e defilato.
Insomma, un ragazzo e una ragazza adescano i passanti ignari, stile animatore villaggio vacanze.
"Ehi nonna, come sta?"
"Amico, ti ho riconosciuto, fermati un momento!"
"Ma che simpatico frugoletto! E che famigliola carinissima!"
Sto ferma per un po', causa coda al reso merce, e me li guardo.
Lui sarà sulla trentina, classico parrocchiano attivissimo. Occhialuto, scarpa anonima, capello rado, pantalone di vigogna. Ai limiti del nerd.
Lei, qualche anno di meno, parrebbe pure carina se non fosse che appartiene alla categoria "mi-mortifico-perchè-ciò-che-conta-è-che-uno-sia-bello-dentro". Tende a scomparire.
Nell'attesa, apro le patatine Potatischips, prendo posto sui miei imballaggi, e mi godo lo spettacolo.
Giunge una coppia di mezza età. L'uomo è un tipo alla Hulk Hogan, massiccio e con tanto di bandana. La moglie sembra non appartenergli. Elegante, bionda, un sorriso gentile. Bella signora.
Ed ecco il mio volonteroso volontario scattare sulla fascia. Evidentemente gli paiono dei buoni soggetti.
"Ciao ragazzi!", esclama brioso, piazzandosi davanti al carrello con braccia e gambe spalancate.
Rimango lì, una patatina a mezz'aria.
Ora, posso anticipare che non ho asistito a scene racapriccianti. Che (purtroppo) il nostro wrestler con bandana non ha fatto roteare sulla sua testa il malcapitato e vivace catechista. Nulla di tutto ciò.
Ma quel "ciao ragazzi" mi è parso così irrispettoso e inadatto. Così forzato e triste. Che mi son chiesta se qualcuno si è preso la briga di spiegare a questi volontari che il rispetto per  l'essere umano, che così tenacemente tutelano a distanza, ha un suo valore anche qui, a casa loro.

sabato 11 gennaio 2014

Facile


Eppure mi piace tutto questo futuro
e anche il tempo sprecato che non vedo già più.
Io e te, in mezzo al mondo,
siamo un pugno di fiori.
Ora passa la notte e, come senti, non piove più.

(Tutto questo futuro, I. Fossati)

L'ho chiamata con disprezzo "la vita del granello" questa vita mia, trecento trilli di sveglia fa, tremila sigarette fa, nel tempo in cui ogni esistenza possibile pareva più estrema, intensa, vissuta.
Ebbene, adesso io la sposo con gratitudine, la accolgo vestita a festa, le porgo un asciugamano fresco di bucato. Le sorrido, con rispetto e deferenza.
Nel mio granello ho imparato il silenzio della bocca e quello del cuore. 
Poi è arrivato e ha detto "ti tengo", con quegli occhi che ha, di frumento. 
Li ho sentiti i suoi palmi nell'incavo della schiena, come quando imparavo a nuotare: cielo sopra, mare sotto, che bastava fidarsi e andare.
E stasera ci scappava da ridere, fronte contro fronte, una fetta di mortadella sul pane. 
Perchè non c'è niente di più facile, che andare. 

venerdì 10 gennaio 2014

Be happy

John Kenn Mortensen - Monster family
Happy family.
Le incontro, a volte.
Quei genitori che in colloquio stillano miele. 
Siamo così felici, non litighiamo affatto, i fratelli fra loro vanno d'accordissimo, mai uno strillo, a casa si respira armonia e pace, durante i pasti ognuno prende educatamente il suo turno di parola, mangiamo sano, alla sera leggiamo tutti assieme un libro e poi ne parliamo, nei giorni festivi frequentiamo musei/teatri/mostre/laboratori/parchinaturali/cinema.
Poi guardi i bambini. Con questi sorrisi di gomma che mai si permettono un'incazzatura. Perchè loro sono happy. Perchè la loro famiglia è happy. Perchè tutta la vita, è happy. E bisogna aderire.
Ho toccato questa roba. Allora preferisco che una giornata di merda si chiami esattamente come si deve chiamare. Preferisco mangiare surgelati quando non ho il tempo di fare la spesa, litigare se sono stanca e non condivido, aggirarmi per casa stopicciata e muta fino a quando non ho bevuto il caffè.
E poi ridere, ballare, fare l'amore, sognare l'impossibile e farlo diventare possibile. Ascoltarmi, fino all'ultima parola. Umana, consistente, densa. 
A volte happy, a volte angry, più spesso solo Joy.

giovedì 9 gennaio 2014

Uffa. Uffa.

 
Ecco, potrei ritirarmi qui :)

Punto A. Non sopporto questo tempo. 
Da scavarsi un buco.
La collega di Cortina d'Ampezzo, dice che il nostro freddo bagnato proprio non lo tollera. Che nei tre giorni in cui è costretta qui, sogna solo neve e temperature estreme.
Guardo un cielo di stoppa sempre uguale, siano le nove del mattino o le tre del pomeriggio. 
E pare che la cosa ci graverà sulla testa ancora per un po'.
Punto B. Non sopporto chi si lamenta per il tempo.
In fondo, considerata la precarietà delle nostre esistenze, ogni minuto compreso nel pacchetto va speso con intelligenza e sacralità.
Ma venerdì le ho proprio viste le forsizie in fiore e qualche primula sul prato: per una veloce associazione mi è parso di sentire sulla lingua il sapore vellutato della pesca.
Ecco perchè scalpito.
P.s. per ristabilire un'osmosi positiva col mondo, ho voglia di vedere un film in streaming, una cosa divertente ma non idiota. Consigli?

mercoledì 8 gennaio 2014

Squirrel in love


B., mia alunna di anni 6 e classe prima, mi accoglie stamani trionfante.
"Maestra, ho preparato una cosa durante le vacanze!"
Mi offre radiosa alcuni fogli scritti in stampatello, con andamento ondivago e piuttosto fitto.
La osservo compiaciuta ed interrogativa.
"È un libro, l'ho scritto tutto da sola", fa lei.
Mi accingo a leggere.
Titolo: "Storia di scoiattolina".
In breve, qui si narrano le vicende di un roditore femmina, assai incline alle gioie dell'amore e alla ricerca di un buon esemplare maschio.
Il primo scoiattolo che incontra "si comporta da cafone" (cito testualmente): la seduce per poi abbandonarla accampando una scusa piuttosto moscia. Sei troppo giovane per me.
Da lì, segnata in modo indelebile, la povera scoiattolina inizia una ricerca affannosa, dolente e rocambolesca dell' "amante giusto" (cito ancora alla lettera).
Dopo sei pagine, la bella protagonosta affranta si rassegna, ma si pompa l'autostima guardandosi allo specchio e dicendosi che in fondo, potrà dare un altro senso al vivere.
Morale, non c'è trippa per scoiattole.
Ero estasiata. E me la sono tutta stropicciata.

lunedì 6 gennaio 2014

Grazie a te, conosco me


Non sei fregato veramente finchè hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla.
(A. Baricco, Novecento)

Io ne ho di storie.
Un serbatoio pieno di storie.
Ieri sera, quando la Giuli è uscita dopo avermi abbracciata, mi sono messa a pelare patate. Pensavo alla vita, alla libertà che sentiamo sempre legata al "fare", al senso ultimo del vivere, che invece non si sposa con il "fare", ma con il "lasciare andare" e l' "assecondare".
Poi un pensiero subdolo, invasivo. E se le persone che amo se ne andassero?
Per la prima volta ho sentito la risposta salire da dentro. Non ho chiesto, o cercato conferme in altri occhi, in altri gesti.
Ci sarei io ad amarmi, a prendermi cura di me. Così mi sono detta. Come in una carezza, come in un abbraccio, come in un sorriso.
La paura di non esserci più, sotto la pelle di chi amo, è stata per un attimo un pensiero accettabile, non un buco che inghiotte.
Torneranno i pensieri, le domande. Ma questa "prima volta" è un picchetto.
Immediatamente dopo, si è accesa la luce delle storie da raccontare.
Io sono ricca, immensamente ricca. Finchè avrò voce e mani per dire e dipingere mondi, io sarò viva.
E se le persone vorranno andare, prendere distanze e spazio, io non le tratterrò. Potrò sempre raccontarle. Raccontare e riamare chi ho amato, attraverso le storie.

domenica 5 gennaio 2014

Sotto sotto

Guardo in basso da questo muretto di sassi, a tracolla la mia reflex che vale meno di una cippa e che quando mi legge la Sere dice che dovrei chiamarla in un altro modo, non reflex. Allora la chiamo come mi viene, ma con affetto, perchè a volte mi mostra cose che l'occhio mio non vede.
Guardo di sotto e penso ai due giorni e mezzo che mi sono ritagliata. Mica con le forbici nella carta velina rossa. No, nel cartone 5mm col taglierino spuntato. Fatica, incastri, richieste. Per due giorni e mezzo di Gioia.
Sono quassù, in cima al mondo e il nome che hanno messo a questo disegno di case e vicoli, mi porge la mano per una danza. Dordolla. Dor-dol-la. Din-don-dan.
C'è un pianoro morbido e verde, sopra la piccola vita che passa, sulle teste dei pochi abitanti. Però qui è arrivato Cristopher, dallo Yorkshire. E Kaspar, dalla Germania. Anche Ernesto, che invita gli artisti ad esporre nel suo prato, e ha imparato a far legna, anche se non era il suo mestiere.
In silenzio stiamo in faccia alla Grauzaria, una mamma brusca ma attenta, annusiamo un rapido raggio di sole.
Amare è una questione di istinto e pelle, semplice volendo. Ma proprio perchè fa appello alle viscere ripesca il nostro nocciolo.
Com'è il mio nocciolo?
Per nulla liscio, con qualche spaccatura, e anfratti. Ma ha sapore e profumo, questo lo so.
Qui, sul colle di panno verde, dispiegato per posarci occhi, ricordi e promesse, penso che potrò tenere quel nocciolo e lasciare che sia tenuto.
Sì, siamo arrivati, è questo il luogo.

giovedì 2 gennaio 2014

La retta via


Insomma, stanotte non ho smesso di sognare un minuto. Quei sogni a puntate che appena finisci ricominici.
Li ricordo tutti in modo vago, tranne uno.

Seduta in cucina medito se costituirmi o meno, mentre guardo assorta una specie di libretto scolastico in cui sono elencati alcuni piccoli reati da me commessi. Nessun omicidio, per capirci.
Li osservo, fra il perplesso e il compiaciuto, come avessi fra le mani la collezione completa dei bollini della Coop. Questo è fatto, questo è fatto, questo pure.
Però, in cuor mio so che devo costituirmi. Considerato che sarebbe brutto  vedere i carabinieri fare irruzione in casa (la vicina, prossima a togliermi il saluto, potrebbe venir meno), decido di presentarmi al commissariato.
Consegno il mio libretto al maresciallo, che mi guarda con disprezzo.
"Adesso hai proprio la fedina penale sporca". 
Io sorrido vaga, e con una punta di soddisfazione replico: "lo so, mi va bene così".

E pensare che da piccola leggevo i gialli per ragazzi. Che la mia massima aspirazione era fare l'investigatrice. Che un giorno, in uno slancio d'amore per la dea Iustitia e la lotta al crimine, chiamai un detective privato, selezionato dall'elenco telefonico, e mi proposi come novello Watson.
A questo punto, sono irrimediabilmente persa.

mercoledì 1 gennaio 2014

Number one

La zia Marì,  che una zia non è, ma è come se, mi scrive qualche giorno fa: "...ti suggerisco di tenerti una parte di te per te: è quella su cui potrai sempre contare...un diecipercento Pure Gioia Original".
E questo è il mio proposito per l'anno nuovo, il blog nuovo, la vita nuova.
Poi, cita la bella storia tra l'alpinista Walter Bonatti e l'attrice Rossana Podestà, di cui poco sapevo. Mi documento in rete e mi innamoro di questo amore.
È dunque sognando a occhi aperti, io credo, che vivi intensamente; ed è ancora con l'immaginazione che puoi trovarti a competere persino con l'inattuabile. E qualche volta ne esci anche vincitore.
W. Bonatti 


Primo gennaio al mare, i bagordi e le grandi emozioni da assimilare e smaltire. Tanta luce da socchiudere gli occhi.

La vita è così, stupisce

La vita è così, stupisce

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