venerdì 30 gennaio 2015

Scomoda

Tradire. Dal latino tradere: mettere in mano. Consegnare una fede, una bandiera, un uomo, una fortezza, una parola. Parole consegnate, che non rispondono più al pensiero.
Mi repelle il traditore, mi stomaca. Io che sempre tollero, capisco, giustifico, di fronte a questo consegnare perdo lucidità, controllo.
Sì, l'ho già detto, è un nervo scoperto. Eppure da qualche giorno si affacciano ricordi, storie, volti. Orologi, auto in corsa, notti di veglia. 
Con me sono inclemente, severa: il mio errore è sempre punibile, intollerabile. Non ci sono debolezze, situazioni contingenti, umane fragilità o attenuanti che tengano. Picchio pesante, e nei miei sogni tormentati e castigatori ogni resistenza è vana, disarmata. 
C'è chi esce di casa per fare quattro passi. Me lo disse M. Il marito prendeva una boccata d'aria e intanto sentiva l'altra. Perchè a casa si sentiva morire.
S. raccomandava che lui mai chiamasse di sabato, domenica e festivi. O dopo le 17. Perchè quello era il tempo sacro della famiglia. 
Un amico era stato registrato sulla rubrica del telefono di lei - un classico - con il nome del commercialista. Mi disse soddisfatto "allora è fatta, sono l'amante".
Meeting di lavoro, raduni improbabili, cene aziendali.
Quale impulso mette un essere umano nelle condizioni di consegnarne un altro al ridicolo, al dolore, alla menzogna, allo scherno? Perchè di questo si tratta. Raggirare, prendere per il culo, costuire inganni su una mano aperta.
Con quale principio troviamo necessario occultare, quando essere chiari ci renderebbe liberi e coerenti con i nostri bisogni?
Si potrebbe obiettare che è facile generalizzare, che nessuno è vittima, che ogni storia è una storia a sè, che l'amore o l'affezione o la passione, hanno contorni sfumati, indefinibili. Soggettivi. Che a volte non è tutto così ovvio, lampante. Lo so bene. 
Mi sembra però chiaro un assunto:

La verità porta scarpe strette ----> Il rispetto esige verità ---->
Da qui all'eternità indosserò Manolo numero 37

Rispetto da offrire, rispetto da esigere. A fianco di una verità molto, ma molto sexy.

mercoledì 28 gennaio 2015

Libertà e orizzonti


La nostra libertà non si misura in orizzonti sgombri, ma nella conseguenza tra parole e azioni.  
E per questo, io sto con Erri.

Da un po' volevo farlo. Salire fin lassù, ritrovare il salato e il dolce di quella mia prima esplorazione sciolta. Neppure diciott'anni e lunghe notti da passare sotto un nuovo tetto. Nessuno a cui chiedere, a cui dire. Altri più piccoli, avrebbero chiesto a me.
L'ex colonia ODA (opera diocesana di assistenza religiosa), è rimasta lì, dove e come l'avevo lasciata. Un canestro nel cortile scarno, voci a rotolare giù per la collina, sigarette spente dietro le cucine - che il don non veda.

LA COLONIA -CASA BASSA-
Libera uscita degli assistenti, dalle 20 alle 21. E figuriamoci. Alle 21 si rincasava ligi e composti: il don faceva l'appello poi chiudeva la porta principale a tripla mandata, ignaro che la cuoca, connivente, lasciava accostata una finestra al piano terra.
Tempo mezz'ora e saltavamo di nuovo fuori felici, bradi. Impastati di sonno e chiacchiere e stelle, rientravamo alle tre, alle quattro, due ore di riposo prima del depressivo canto mattutino.
Ieri da quell'altura ho guardato tutto attorno. E mi sono chiesta come mai, all'epoca, non avessi "visto" tanta bellezza.


Credo di essermeli fatti, gli occhi, in questi ultimi anni. Ricordo sbadigli, nausea e Golia bianca nell'auto del nonno, che mostrava luoghi e cime e campanili. 
E adesso non posso fare a meno di cercare, all'orizzonte, un lembo di cielo e un monte.

martedì 20 gennaio 2015

Favorite music

Qualche sera fa, ad una cena.
- Che musica ascolti?
- Eeeeeeh...ascolto...un po' tutto...sì...dipende...non ho preclusioni...o generi...".
Ogni volta così. Mi sento interrogata e mi cala un muso da pesce tonto.
Il punto interrogativo sulla fronte del mio interlocutore dice: Bene, ho capito. Ammettilo che ascolti sì è no Radiodeejay one nation one station. E magari pure la Pausini.
Invece non potrei vivere senza bella musica. Solo che un pezzo io non lo ascolto con le orecchie, lo accolgo con il corpo. Sono i tendini, le cavità, i fluidi, a dichiarare che una certa melodia ha fatto breccia. E non mi importa chi l'ha scritta, musicata, prodotta, cantata.
Forse dovrei rispondere che nel Gioiamondo esistono 3 categorie musicali:
- pezzi per ballare
- pezzi per viaggiare
- pezzi per lacrimare e sdilinquirsi
Ieri mi sono fatta una compilation danzerina. Artic Monkeys, Hozier, Sia, Electric Guest. Ci ho messo pure Sabato, di Lorenzo che fa allegria, anche se vale pochino.
Poi un'altra, da viaggio. Current Swell, Iron & Wine, Sufjan Stevens, Cinematic orchestra.
Insomma ora tocca alla compilation sdilinquimento. Che nel Gioiamondo va sempre alla grande.


giovedì 8 gennaio 2015

Tuttigusti

Di Paola gli piacevano gli occhi. Miti, buoni, da mucca sazia.
Con Francesca parlava di cinema, cortometraggi, facce da film incrociate per strada.
Sara cucinava da dio. Bastava rievocare un piatto dell'infanzia o qualche aroma andato, che lui così volentieri avrebbe ritrovato. E Sara subito a bollire, spadellare, sfornare.
Lucia aveva un culo da favola.
A Giulia piaceva andare in barca, e di barca si intendeva. Con lei sì poteva dire che la spinta della carena dipendeva dalla forma del fondo. E lei avrebbe capito, annuito, si sarebbe illuminata.
Fu ad un corso di francese che incontrò Claudia. Aveva capelli ricci e incolti, vita nelle mani. Ballava coi fianchi, e ballando rideva. Cucinava pasta al burro. Sapeva di giardini, potature, lune, rose, e di rose aveva il sapore. La sua voce, nelle ore dolci dell'amore, era tela grezza, sabbia.
"Voglio tutto il posto", gli disse un giorno, mentre il burro si scioglieva lento, sugli spaghetti al dente.
Ma lui non seppe perdere. Occhi miti, morbide carene, parole dette e ascoltate in cui specchiarsi.
Adesso, dopo così tanto tempo, in quella sua casa brusca, senza rose, nè danze, solo a lei pensava.
Adesso, finita la stagione dei flutti e del vento a favore, a quella voce rauca e piena, andava ogni pensiero.

martedì 6 gennaio 2015

Snow time


E' quasi impossibile essere all'altezza dei propri sogni. Io mi spendo ogni giorno per quel "quasi".
Le parole non sono mie. Anche se mi piacerebbe averle concepite.

Si torna a scuola.
Sul far della sera penso a quel bambino che davvero non so come aiutare, che disperatamente chiede di essere contenuto, di trovare sponda. Che invece incontra i miei umani limiti. Certo, io ci provo. Ma quei suoi occhi colmi di angoscia vorrei solo allontanarli. Tanto vale riconoscerlo.

Ho visto la neve, l'ho toccata, e anche un po' attraversata.
Ma la cosa che meglio ho guardato, in questi giorni di riposo e tempo morbido, sono stati i miei gesti. E spesso, le mie parole.
Magari suona male, pare una cosa egocentrica. Invece mi viene quasi da dire che era ora.
I gesti, le parole. Ultimamente facevo e dicevo quasi trattenendo il fiato, in continua apnea. Come se agire ed esprimere in fretta, potessero evitarmi l'errore: guai sbagliare, scivolare, prendere cantonate. Una cosa via l'altra, svelta, che quando hai finito puoi fermarti. Ma poi non mi fermavo.
Oggi, scendendo di corsa lungo un sentiero sassoso, sono caduta. Una caduta buffa, da bambina: mi sono trovata d'un tratto così, giù a quattro zampe. Palmi e ginocchia sbucciati. Ecco, mi sono di colpo rialzata e ho ripreso a correre, scrollandomi appena. Invece sarei rimasta lì, a sentire il suolo, il profumo di terra, sotto la trama dei rami spogli. Mi sarei seduta a gambe incrociate e avrei riso scioccamente.

Il post cena si è rivelato denso di sorprese. Lo scarico otturato, un tentativo (miseramente fallito) di risolvere il problema, il tubo che perde, il tubo che appena lo tocco decide senza alcun preavviso di annaffiare me e l'intera cucina con residui tossici e maleodoranti di varia natura.
E quel minchione di scarico, incredibilmente, è ancora otturato.













La vita è così, stupisce

La vita è così, stupisce

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