E'
Natale, vorrei per me parole biscotto.
Le
migliori son croccanti, gialle
lucide
di burro, dorate come stelle
si
annusano e sanno di pioggia in faccia
quando
la prendi ad occhi chiusi e basta
si
fiatano di bocca, e portano l'odore
di
quel vino asciutto, nero, sulla terrazza al mare.
In
verità me ne basta una soltanto:
la
terrò nel taschino per i giorni di vento.
Siamo
arrivati in alto che nevicava. E tirava pure un'aria fredda,
rabbiosa.
Ma
io ero contenta, volevo solo andare. Andare vuol dire respirare,
guardare, scoprire che i piedi non scordano niente.
Ero
certa però di aver dimenticato qualcosa, qualcosa di fondamentale, e
continuavo a frugare nello zaino per capire cosa mai avessi lasciato
a casa. Cosa, di tanto importante?
Poi
mi sono fermata, ho capito. Ho sorriso.
Può
un camminatore di spazi innevati pensare di raggiungere la vetta
senza un tè caldo da bere, una volta arrivato? Può avanzare senza
scarponi adatti? O procedere privo di cuffia, guanti, maglia di
ricambio?
Io
avevo ognuna di queste cose, e non ne avevo neppure una.
Sono
arrivata su, con passo svelto, mentre tutto quel bianco mi si posava
dentro. Ho guardato intorno, ogni cosa, senza saperne i nomi ma
pronta ad ospitarne le forme.
“E'
bellissimo, vero Gioia?”
Così,
mi son detta.