Sarei in vacanza. A parte il caldo africano, un posto bello da morire.
La iella ci ha inseguiti in modo piuttosto tenace, così non ci pare d'esser tanto feriali, ma mi consigliano di non riferire la lista delle sfighe, perchè sembra che metterle in evidenza ne calamiti altre. Sia mai.
Dico solo che ieri mattina stavamo al pronto soccorso. Basta arrivare a metà Italia e capisci tutto quel menzionare l'efficienza del nord est. E lo dico con amarezza, perchè questi luoghi mi piacciono e questa gente mi incanta, ed è piuttosto triste che funzioni così.
Insomma dicevo che eravamo al pronto soccorso e si attendeva in una sala d'aspetto. Avevo in borsa una cosa da leggere, ma non ho avuto modo, in quanto l'umanità presente era talmente variegata e interessante da non lasciar spazio ad altro.
L'attenta analisi delle somiglianze perentali, di alcune note caratteristiche (padre e figlio con baffetto rovazziano, donna mezza età con smalto verde acido coordinato mani e piedi...), dei dialoghi per nulla risevati, ha reso fluido il tempo. Avrei pure pagato il biglietto, se me l'avessero chiesto.
Comunque ad un certo punto arrivano due mussulmani. Lo capisco perchè l'uomo adulto indossa una tunica lunga e il colore della pelle è scuro, ma non tanto. Il ragazzino veste all'europea ed è secco secco con due occhi enormi. Si siedono. Dopo un poco arriva un'infermiera e parla con l'uomo, che però non risponde e guarda il ragazzino, in attesa. Quello traduce tutto, dall'arabo all'italiano e viceversa, con un fare consumato e dignitoso che commuove. Avrà undici o dodici anni.
Nella stanza c'è anche una signora in carrozzina, accompagnata dalla figlia. Da un po' l'anziana chiede di andare in bagno, ma la figlia esausta teme che arrivi il loro turno proprio mentre si allontanano. Poi si decide, e due minuti dopo un medico che pare appena uscito dal bagno 23 di Follonica, le chiama a gran voce.
Il ragazzino, che nell'attesa aveva appoggiato la testa sulle ginocchia del padre, si alza senza che nessuno glielo suggerisca. A passi svelti raggiunge il corridoio, il bagno e avvisa le signore.
Noi, rimasti col culo sulla sedia, ci scambiamo sguardi un poco vergognosi.
Quando il ragazzino riprende posto, le parole mi escono da sole, non posso trattenerle: la mia maestritudine è cronica, non va mai in villeggiatura.
"Sei stato veramente bravo, grazie".
Lui mi guarda di taglio, arrossisce molto e poi con un sorriso fiero si riadagia sulle ginocchia del papà.