mercoledì 26 febbraio 2014

Presenza


Pensavo ieri sera prima di addormentarmi, che da un po' me li sento addosso quegli occhi. E non so mai da che prospettiva mi osservino: se dallo sgabello chiaro che sta in salotto, dal fondo del corridoio, o dall'angolo in terrazza, quando mi siedo al sole. 
Forse, non guardano me, provano solo a guardare con me, le cose che guardo io.
Se all'inizio mi sembrava chiedessero parole, ipotesi, pensieri a voce alta, adesso no: si beano di un silenzio a spicchi da dividere con me. Uno io, uno tu, e la stanza si riempie di profumo.
Credo che ad un certo punto, troveranno il loro luogo. Gli occhi intendo. E se vorrò far loro un sorriso dovrò interrogare una notte scura d'agosto, o esplorare paziente il fondo sabbioso del mare.
Un angelo. Mi hai scritto così amica, e mi è parso vero.
Io non ci avevo mai creduto.

lunedì 24 febbraio 2014

Semini




Non seguo la politica
Che di suo è un'affermazione del cazzo, perchè non seguire la politica significa non preoccuparsi della propria situazione lavorativa, del proprio affitto o mutuo, dell'assicurazione auto, delle strade e autostrade che la stessa percorre ogni giorno. E ancora, di quello che mangi, indossi, ascolti e vedi.
Eppure, politicamente parlando, ho sempre viaggiato in superficie, tenendo la sinistra perchè di fatto penso sinistra. Perchè non sono razzista, non sono omofobica, non sono conservatrice, sogno un'equa ripartizione del benessere. Perchè a casa mia, si facevano discorsi di sinistra e mio padre aveva sostenuto Democrazia Proletaria. 
Ma di fatto, approfondisco poco, e non faccio una michia di niente affinchè la mia assicurazione costi meno, i miei contributi non siano vanamente versati, il pane possa arrivare sulla mia tavola privo di veleni e ogm.
Così venerdì ho compiuto un'azione minuscola e grande, come piantare il seme della mela dopo averla sgranocchiata. Che dopo vien su e non ti par vero. 
Ho parlato ai bambini della nostra Costituzione.
Ho raccontato loro che una democrazia è “la casa di tutti: una grande casa dove ci si parla, aperta a nuove idee e a nuovi amici, dove si impara a diventare liberi, dove si prova a essere felici. E' stata costruita da uomini e da donne, lentamente: non è fondata su qualche potere, ma sul lavoro di tutta la gente. Ognuno ha diritti e doveri, perché la libertà è un gioco insieme ad altri, non da soli, un canto che si canta tutti in coro”.
E poi da copione, mi sono commossa. E loro ridevano, perchè ormai sanno.

sabato 22 febbraio 2014

Attimi


Ho letto a scuola un racconto dal titolo "Il punto alto della felicità". Non una storia da bambini, ma una storia che i bambini possono capire. Ne abbiamo poi parlato, di quel momento felice, senza ma e senza se, che ci infila a sorpresa, e ci solleva. 
Io sono stata graziata dalle cose belle, posso ben vederle e riconoscerle, posso estrarle e metterle sul palmo della mano. Pure nella merda, non sono mancate le perle.
Eppure mi sembra che fin da piccola, questi folgoranti attimi di bellezza fossero viziati da un senso di precarietà, dalla consapevolezza vecchia che tutto si perde e tutto scivola via.
Ci ho pensato, ho cercato fra i ricordi il momento di gioia intatta, pulita e piena. 
Un uomo alto, diritto ed elegante, con il completo grigio ed il cappello. Il cane che tiene al guinzaglio, disordinato e anarchico, tira scompostamente per raggiungere la bimba, che saltella di capelli e scarpe lustre, poco più avanti.
La bambina si volta, guarda il cane e il nonno, che pieno di orgoglio le sorride, felice.
C'è il sole, è primavera.

venerdì 21 febbraio 2014

Le luci nelle case degli altri


Se passi davanti, ti vien da sbirciare dentro.
Quella luce calda, quelle vetrate.
E magari pensi che hanno un gran culo a vivere in una casina così: piccolo giardino con ulivo, bella ristrutturazione, ai margini del centro.
Invece in quelle stanze si consuma ogni giorno un dolore opaco di cera. 
Io, che vorrei già essere nel luogo che mi calza, che mi abbraccia, e smanio, guardo ombre pesanti muoversi nella luce gialla, mentre fumo in terrazza al calar del sole. Guardo e mi dico che in fondo i colori li ho tutti. Tutti.
Devo solo riempire gli spazi giusti, pian piano.

martedì 18 febbraio 2014

Punti di vista


Oggi doveva venire a scuola l'amico Mauro, per raccontare ai bambini cosa fa uno scrittore.
Ognuno di loro aveva preparato qualche domanda da porgli. Domande pulite, incisive.
E' vero che gli scrittori sono molto ricchi?
Scrivi di giorno o di notte?
La maestra Gioia ci ha raccontato che è stata una tua allieva. Si comportava bene durante le lezioni?
Però alle nove Mauro mi ha chiamata per dire che aveva la febbre. Delusione alle stelle.
Giacomo sbuffa e fa il muso lungo.
"Uffa, io volevo che venisse, sono triste".
"Ma abbiamo solo rimandato", gli dico io sorridendo intenerita.
Lui mi guarda, cupo.
"Eh, per forza che sorridi tu", risponde sollevando il mento, allusivo.
"In che senso?", domando spiazzata.
"Nel senso che sei innamorata, ecco. Ovvio che sorridi".

lunedì 17 febbraio 2014

L'eredità di ieri


Mio padre una volta, parlando delle sue tante esistenze e del suo modo sciolto di resettare i ricordi scomodi, disse qualcosa come "io infilo ogni fase della mia vita in un cassetto. Mi basta non riaprirlo più, una volta chiuso, e il gioco è fatto".
Eh, certo.
Ma com'è che non ti tornano le voci? E gli odori?  Com'è che nei sogni tutto quel passato indossato e ingombrante non si anima, scardinando i cassetti e le notti d'inverno?
No papà, non si può. Io ho tutto lì, dispiegato sul tavolo: una grande mappa di terre e acque attraverso le quali hanno marciato eserciti di parole, giorni, volti.
Tutto è vivo, ogni cosa cerca il suo spazio, e sempre si ricolloca, quando altri volti, altri giorni, altre parole trovano casa.
Mi ha disegnata quel tempo, insegnandomi nuovi gesti, posando immagini a rovescio negli occhi tondi e sgombri da pesce.
Mi ha tenuta stretta e poi lanciata, il tempo, come un sasso grigio e piatto che sfiora la superficie del mare a piccoli balzi. Poi va giù, e si lascia cadere, e sul fondo brilla di sale e sole.

venerdì 14 febbraio 2014

Doni


Qualche giorno fa ti ho scritto. Pensieri, ricordi.
Hai presente il caleidoscopio? Appoggiavi l'occhio e vedevi stelle appena nate, fiori luminescenti, esplosioni e fuochi. Poi, bastava una scrollata. E via, un altro mondo, altre luci, altri colori. Quanto mi piaceva.
Tu mi hai regalato occhi per cogliere lo straordinario e silenzioso trasformarsi delle cose invisibili o delle cose enormi. Mutano così lentamente che a noi non basterebbe una vita. Eppure, tu vedi.
Acqua che leviga, pioggia che scava, roccia che si espande o si contrae. Vita colossale e millenaria di alberi danzanti seppure immobili.
Mi basta guardarti attraverso.
Ieri sotto la luce gialla del lampione, sotto il cappuccio fradicio di pioggia, mi hai passato un piccolo involto colorato, come fosse una cosa da nulla. Invece no, era una cosa grande. Abbiamo giocato come bambini, stupiti, increduli, felici.
Mai ricevuto niente di più bello.



mercoledì 12 febbraio 2014

Cipolle


Così adesso il giubbotto lo trovo disgustoso. E pure il cappottino nero e stretto, che amo così tanto.
E' l'aspetto dell'inverno che più mi avvilisce. A ottobre magari, non mi dispiace rispolverare soprabiti e piumini. Poi, tempo un paio di settimane, e gioco al ribasso: un cardigan e una sciarpona, tanto devo solo salire e scendere dall'auto o un grosso maglione incrociato, che fuori c'è il sole.
Stamattina ho guardato con occhi bramosi la mia giacchetta primaverile. Confesso di averla anche indossata e sperimentata in terrazza (con la sciarpa a righe, tre giri morbidi).
Però no, non c'è proprio margine di contrattazione. Roba da brividi, e basta. 
Che poi l'altra sera alla riunione una collega mi guarda e dice "ma non porti la canotta?".
"Come dici? Canotta?"
E non è affatto questione di tempra, perchè lo sento bene il freddo che sale. Solo che non tollero strati, cerniere, bottoni, elastici, lacci, costrizioni.
Mi sa che ha un senso.

lunedì 10 febbraio 2014

Ali e radici


Piove ininterrottamente.
Ma nella casa delle coccinelle la pioggia resta fuori, come sullo sfondo. Basta che chiudi la porta.
La lampada azzurra, il profumo della zucca che soffrigge.
Pensieri.
E' che quando la sofferenza ti è stata addosso per così tanto tempo, non ti dai pace. Ti volti, guardi da sopra la spalla, provi a capire se davvero la bestia ha smesso di fiutare ogni tuo passo.
Vino bianco o rosso? Rosso.
Poi il vino fa vermigli i pensieri, morbido il sorriso.
Penso divertita alla bimba che qualche anno fa mi disse con aria di sufficienza: "sai, i maschi amano semplificarsi la vita". Che saggezza la bimba. E i maschi.
Amore, cosa faresti se io morissi?, chiese trepidante un'amica al fidanzato. Domanda capestro, attenzione. Non vale rispondere quello che si pensa, tocca rispondere quello che lei vuole sentirsi dire. Difatti lui, cautamente, si prese del tempo, ma fallì comunque in modo clamoroso.
Una riverenza grata alla solidità maschile, alla sana concretezza di ritmi fisiologici e sagge riflessioni radicate nel nostro hic et nunc, sempre così labile.
E' una roba semplice, lo so. Ma mi piace sentirmelo dire.

sabato 8 febbraio 2014

Di qua, di là


Spesso, i pugni allo stomaco vengono a mostrati le priorità.
Gettano luce sulle cose.
Lo ricordo nitidamente. Ero seduta sulla sdraio a Lignano, avrò avuto quattro anni. Mi muovevo, spostavo l'inclinazione dello schienale, agitavo le gambe. All'improvviso la sdraio si chiuse come una tagliola, con le mie dita in mezzo a fermare la corsa.
Fra le braccia della mamma piangevo e incredula guardavo la gente camminare tranquilla sul bagnasciuga. Perchè quel dramma non aveva assunto una dimensione globale e collettiva? E come mai era successo proprio a me, visto che al mondo eravamo in tanti?
Lo chiesi tirando su col naso, e la mamma probabilmente non colse la portata della domada.
Nei giorni successivi, mi beavo giocando con stampini e secchiello. C'era come una nuova consapevolezza. Ero nuovamente "al di qua": stavo bene, alla stregua di tutti quelli che placidamente camminavano sul bagnasciuga.
E insomma stasera guidavo, e parlavo, e ascoltavo, e la pioggia veniva giù a secchiate. Il mio corpo caldo se ne stava lì, piacevolmente impegnato, mentre la mia testa mandava ad ogni sinapsi un messaggio dolce e potente: "ehi, sei al di qua".
Al di qua. Cazzo se è bello.

mercoledì 5 febbraio 2014

Kisses

The type of kisses
Where teeth collide
When she laughs the Heavens hum
A stun-gun lullaby
(Arctic Monkeys)

Amo quel genere di baci. Il genere di baci in cui i denti si scontrano.
Perchè non c'è misura nè tepore nè controllo, quando sei solo pelle a rovescio. Non peso le parole, le guardo rotolare giù dalla bocca così come sono salite. Tonde, piene, sazie.
Mi piace pensare che ritrovano casa, passando dai liquidi, dai pori dilatati, dalle narici aperte.
Mi piace pensare che sono tortuose le strade per imparare l'amore.

 


In Colombia ci baciamo per qualsiasi cosa, perché è qualsiasi cosa che un bacio può significare.
Può essere l'inizio di qualcosa di nuovo, può essere il modo per capire se è questa, la persona che ami.
Può essere romantico.
A volte, per un bacio, vale la pena aspettare. E questo è senz'altro il bacio che preferisco.

Questa citazione viene dalla serie cult (Modern family) che in questi giorni sospesi mi ha regalato risate bambine da testa rovesciata all'indietro. Pensavo di non saperle fare più. 
Ogni episodio è una pillola concentrata di allegra dissacrazione con un filo di sentimentalismo che la sottoscritta trova strepitosi. Da somministrare almeno tre volte al giorno, prima o dopo i pasti.  


lunedì 3 febbraio 2014

Imprevisti


Ti capita così, che un malanno.
Che un malannno diventa un'altra cosa.
E allora ieri l'anestesista brandendo il siringone mi chiede "dove abiti?", e io non faccio in tempo a rispondere perchè tutto si volta e si accartoccia e si dilata. Uno spettacolo. Voglio cacciarmi subito in quella roba lì, adesso non mi fa paura. Ci entro a passo di danza.
"In città?"
Ma non lo vedi? Che non ci sono più?
E i nostri corpi contengono i ricordi. Le carezze, le speranze, i sogni interrotti, le suole lise, qualche boccone di focaccia al sale grosso.
Mi lascio struggere di tenerezza, per questi poveri corpi indifesi: culi e schiene bianchi sotto i camicini da sala operatoria, malamente chiusi da dietro. Puoi essere tutto o niente, che qui si azzera ogni cosa.
Arranca la ragazza di vent'anni, non si riprende e la tengono dentro. Invece l'altra, più grande, che pareva di vetro, è già in piedi a trafficare nell'armadio. Chiama i suoi bambini al telefono.
Ci guardiamo appena, ma dolcemente, in una stanza che in poche ore ha preso ad assomigliarci. L'uomo è così, vuole fare tana, grotta, giaciglio. Cerca un modo per specchiarsi, nei luoghi.
Mi vesto, e infilarmi la maglia è ritrovare il mio odore.
Mi vesto, in pochi minuti ho riempito il borsone e infilato la tracolla.
"In bocca al lupo", dico voltandomi prima di uscire, e raccolgo tre sorrisi che porto con me, sotto una pioggia che non cessa.

P.s. ora sto bene, sono a casa, riposo per un paio di giorni e ne approfitto per fantasticare sulle mie vacanze estive :))

sabato 1 febbraio 2014

Minimo pensare


In paese c'è una vecchia merceria, di cui mai avevo varcato la soglia. Ci passo davanti con l'auto al mattino, venendo a scuola, quando è ancora chiusa. Sbircio le vetrine, finestre con tanto di scuretti, esibire senza vergogna una stravagante accozzaglia di cose.
Da qualche giorno avevo in testa di proporre ai bambini il ricamo. Così,  per affinare i gesti, allenare gli occhi alla misura, rendere armonico il fare. Allora ne ho caricati tre sul Peugeot (la scelta degli eletti è avvenuta tramite un'estrazione a sorte che hanno totalmente autogestito) e mi sono recata in merceria.
Un incredibile viaggio nel tempo. Sali gli scalini, apri la porta, e tracchete, sei altrove.
Un finto montone da bebè pencola da un appendino appeso al soffitto. I quadretti per il mezzo punto (ma esistono ancora?) rappresentano bucoliche scene di campanili e pastorelli. Negli scaffali a vista, scatole di cartone bianco su cui campeggiano i disegni esplicativi. Qui mutandoni. Qui mutandoni ascellari. Qui calze di lana color carne. Qui sottovesti.
Sotto vetro alcuni articoli da regalo. La statuetta in lucida cramica di un calciatore con la maglia bianconera. Uno zircone rosa fucsia grande come l'unghia del pollice, in una scatolina di velluto blu. La penna di Ben Ten. Carta da lettera stile country. Tutto molto, molto agée. Compresa la titolare.
Ordiniamo la nostra tela Aida, le nostre matassine colorate, e paghiamo.
I bambini rinunciano alla ricreazione e si siedono attorno al tavolo con ago e filo. Lavoriamo assieme, parlottando ma non troppo, tocca stare concentrati.
"Maestra posso finirlo a casa?"
Insomma questo intendevo. Usare le mani e spegnere la testa.

La vita è così, stupisce

La vita è così, stupisce

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