domenica 29 gennaio 2017

aritmetica per un'amica


Le cose non capitano così, le cose accadono. Anzi, proprio cadono. Sembra una roba improvvisa quel crollo, quella rovina, invece stava tutto lassù da un sacco di tempo, massiccio e pesante. E a forza di crescere, cade.
Perché le parole non dette salgono verso l'alto, si fermano sui soffitti. Specie quelle brevi, secche.
I "no" privativi, i "va bene" sospirati, i "sí" sporchi di nostalgia.
Poi si dice ma come, così all'improvviso, non c'erano avvisaglie!
Invece c'erano eccome. Bastava alzare gli occhi ed era tutto gravido e compresso là, sopra le teste.
Affanni sparsi, alzate di spalle, sillabe, gesti interrotti. E quel che più pesa, i desideri accantonati.
Non ci si abitua mai a sottrarre. Si crede di poter togliere e togliere dal minuendo quelle che paiono piccole cifre, ma poi tocca tirare la riga e guardare il risultato. Si pensa che un poco possa bastare, ma alla fine - cazzo - serve l'intero.
Alza la testa, e guarda su. Puoi farlo.

sabato 21 gennaio 2017

Motivi per sorridere

Sono una che si entusiasma, basta poco. 
Se la radio passa un pezzo mai sentito, di quelli che mi si infilano ovunque e che mi impongono di oscillare in qualche modo, vado subito a cercare. Chi lo suona? Cos'altro ha fatto? Poi me lo piazzo sulla chiavetta, e lo ascolto allo sfinimento. Oscillando.
Mi piacciono i doni inattesi. L'altro giorno un'alunna mi ha portato un cuoricino di legno, su cui aveva inciso il mio nome col pirografo. Ho sorriso per qualche ora.
Sottolineo i libri febbrilmente e faccio orecchie sulle pagine. Poi rompo i coglioni a chi mi sta accanto ed enfaticamente cito, trovando infinite corrispondenze. Le parole mi infiammano, quando son belle.
Coi film però sono difficile. Non mi basta che scorrano, che siano ben costruiti. Devono tirarmi dentro. E dopo, sui titoli di coda, devo sentire l'irrefrenabile impulso di tornare ad una scena, una battuta, una certa inquadratura. 
Da Dio esiste e vive a Bruxelles, che aveva acceso in me parecchi cortocircuiti, filmicamente parlando era stato un po' un deserto.
Ieri sera Sky passava questo, premiato al Sundance:


Insomma, dire che mi ha tirata dentro mi pare riduttivo. Mi ha proprio risucchiata e divertita e commossa. E stupita.
Ecco, avevo bisogno di un entusiasmo. Che a me ne basta un briciolo.



domenica 15 gennaio 2017

Anticorpi

 
Sono stata un'adolescente assai brada.
Mamma lavorava anche di pomeriggio, eravamo sole, nessuno mi teneva sotto controllo. E io smaniavo.
Imbastivo poco realistiche sessioni di studio (considerati i pessimi risultati scolastici), incursioni in biblioteca, appuntamenti col papà o l'insegnante di piano e mamma preferiva credermi. 
Frequentavo brutte compagnie, ma brutte davvero, che adesso mi si rizzerebbero i capelli in testa se uno dei miei figli finisse a praticare certi ambienti, certi musi.
Volteggiavo sulle ali di un temibile mantra, che suonava come cogli l'attimo e rendeva lecite anche le azioni più turpi. Come vendere al banco dei pegni la spilla d'oro della bisnonna.
Cercavo di sbattere, di sbattere con forza. Più sonoro risultava l'impatto, più viva mi pareva d'essere.
Albergava però in me un istinto conservativo che prevaleva sul resto. Se accettavo un passaggio in auto, mi assicuravo che il conducente fosse abbastanza lucido da portarmi a casa intera. Misuravo le persone, i gesti, decidevo se fidarmi. Avevo naso, intuito.
Una parte di me sentiva che sarei passata indenne attraverso quegli anni. E pur stando in bilico, facevo sì che avvenisse, mi proteggevo.
Una sera, con un'amica all'uscita della discoteca, mi ero imbattuta in un gruppo di ragazzi grandi, tutti maschi, tutti ubriachi. Mi ero sottratta ai tentativi di palpeggiamento scansandoli e urlando loro in faccia, come si dovrebbe fare con un orso sul cammino. Avevo quindici anni, loro erano tanti e forti, ma (del tutto incoscientemente) non avevo paura. Scocciati, rabbiosi, se n'erano andati.
L'altra sera prima di dormire, mi chiedevo se questi nostri figli così amati e protetti e fragili, sanno. Se abbiamo dato loro modo di osservare, soppesare e trovare strategie. Se conoscono le loro debolezze, le loro risorse. Se là fuori potranno stringersi ed allargarsi, spostarsi o far fronte.
Mi fa paura, questa loro nudità.

domenica 8 gennaio 2017

Domani



Queste giornate di festa mi lasciano la bocca dolce.
Di cioccolato caramello e sale. Di risate stupide. Di bei disegni e lavoretti fatti con il legno, il cartone e i pastelli. Di un ciliegio centenario che - come me - aspetta giorni lunghi per fiorire. Di ore pigre e stiracchiate. Di una mostra piena di abbracci, che belli così non ne ho visti mai. Di regali buoni e giusti. 
Di progetti piccoli (voglio fotografare il mare quando nevica), medi (voglio camminare la Via Francigena) e grandi (voglio fare un master).
Domani è lunedì.
Domani è il primo giorno di scuola del nuovo anno.
Domani si torna in pista.

venerdì 6 gennaio 2017

Nata



Lo trova la mamma mentre sto sul divano verde, le braccia nude e sollevate, abbandonata a una qualche storia che legge per me. Si interrompe, tace e lo sfiora con un dito.  
E' sotto la spalla destra, appena all'interno, dove la carne si fa bianca, tenera..
Sembra un cuore, dice ridendo. 
Poi prende una penna e ne disegna il contorno. 

Eravamo due bambine.
Per un po' avevo fantasticato su quel marchio, che mi sembrava dettare appartenenza. Come tutti i bambini sognavo d'esser figlia di Andromeda, creatura celeste dotata di poteri prodigiosi, capitata chissà come sul pianeta Terra. E quella traccia lo rivelava finalmente in modo inconfutabile.
Poi, con l'adolescenza e il disincanto, me n'ero scordata.
Qualche anno dopo un dermatologo mi mostrò quell'ammasso di cellule scure ingrandito mille volte, dicendomi che per conformazione e pigmentazione si collocava fra i "nei sospetti", capaci di rapide e nefaste evoluzioni.
Così sporadicamente l'ho guardato. Innocuo e gentile, sempre uguale a se stesso. 

Qualche settimana fa chiacchieravo con la collega. Le dicevo che comincio a trovare fastidiosa la mia propensione liquida al contatto, all'estatico abbandono, all'osmosi, al trasporto. 
- Echeccazzo, basta! Potrò metter su un po' di scorza, farmi più solida? Magari ero destinata a fare la monaca, a distribuire tutto questo sentire anche in verticale, che si disperdeva un po'.
Questo ho detto.
E lei che sorride molto e sorride bene, ha risposto così.
- Tu sei nata per l'amor terreno, stella. Mica puoi scamparla tirando in mezzo Dio.
Nata. D'istinto mi son toccata sotto la spalla destra, appena all'interno, dove la carne si fa bianca, tenera.

lunedì 2 gennaio 2017

Salire, dire, festeggiare


Divento sempre più insofferente ad ogni tipo di costrizione.
L'altra sera per esempio si era deciso di salutare il nuovo anno su una cimetta vicino a casa. Abbiamo cenato presto, per essere più leggeri in salita. Ma faceva parecchio freddo, quindi ci è toccato vestirci bene, a strati. E già così, tutta bardata, coi piedi poco mobili negli scarponcini, cominciavo a far la faccia storta.
E la cuffia?
Vero, la cuffia.
Ecco, con la cuffia in testa mi pare che le meningi mi si comprimano, che i riflessi rallentino, che le radici dei capelli si torcano. Ma lucidamente, un tale frangente la imponeva. 
Inoltre, essendo buio pesto (ed era questo l'aspetto affascinante) abbiamo indossato efficacissime e tecnologiche pile frontali molto strutturate.
Così, mobile quanto l'omino Michelin e un po' oppressa dalla cuffia verde con annessa pila, ho seguito i suoi passi e il mio cono di luce nel bosco.
Va detto. Che le stelle così, lattiginose e pulsanti, io non le avevo viste mai. Che quel frusciare fra gli alberi, quel sentire e non vedere, destava i sensi, allertava occhi e pelle.
Solo che vuoi il freddo. O la stanchezza, o tutto quel fremere. Fattostà che ho sentito da subito un macigno sullo stomaco, come quando mangi troppo e poi fai qualcosa di fisico.
Se mi seccava, dirlo. Che era la nostra festa e io volevo correr su a gambe levate, leggera come una farfalla. Ma ho smesso di essere brava. Ho smesso di pensare che devo, altrimenti poi deludo.
Così ho detto. E ho scoperto che anche lui sentiva freddo e caldo. Che salire e sudare così infagottato, senza sapere se togliere o tenere addosso non gli piaceva, come non piaceva a me.
Allora ci siamo fermati sul pianoro a metà strada, dove si calano i deltaplani. E c'erano altre lucette lassù, un popolo silenzioso e senza volto, accomunato dall'attesa rispettosa, dalla contemplazione del presepe che si dispiegava sotto, dalla voglia di esserci, ma sottovoce.
Ci siamo seduti per terra. Un naso canino mi ha sfiorata, una voce poco distante ha comunicato che forse  mancava poco, altri arrivavano, prendevano posto. Nessun conto alla rovescia, non è servito. Perchè di colpo e senza rumore alcuno, tutto là sotto è esploso. Un fragore muto da togliere il fiato.
Solo cose belle. 
Anche a te.

La vita è così, stupisce

La vita è così, stupisce

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