mercoledì 30 aprile 2014

Cure


Durante la ricreazione mi siedo sulla panchina assieme alle colleghe. Si beve un caffè, si chiacchiera. Intorno i bambini giocano, gridano, si rincorrono.

Ieri il sole delle undici si rifletteva ovunque: sulle vetrate, sul muro bianco, sul ghiaino del cortile. Bello da morire.
Solo che ad un certo punto, ho cominciato a vedere tutto arancione. Allora ti stropicci gli occhi, ti sposti all'ombra, provi a non dar peso. 
Mi sono presa un bello spavento, e non è la prima volta. Questo cervello di pongo sembra molto labile: se dormo poco o mangio male o esagero con le mie peregrinazioni fisiche e mentali, stacca la spina. Dice semplicemente "stop". Difatti ha raggiunto il suo scopo: ho passato il pomeriggio a leggere, a guardare la mia serie preferita, a disegnare.
Pensavo stamattina a quello stato di sospensione che caratterizza le convalscenze. Qualcuno che prepara una minestra per te, piccoli rumori in cucina. La tazza del tè sul comodino, penombra, una mano tiepida sulla fronte. Che meraviglia.

domenica 27 aprile 2014

Vorrei raccontare


Ordunque.
L'altra sera pensavo ad una storia. Di due che si amano, ma che si amano da sempre, oltre le tre dimensioni (quattro, se consideriamo il tempo), che si sono scambiati un primo verso gutturale 4 milioni di anni fa, appesi ad un ramo o nell'atto di succhiare un ramoscello zeppo di formiche rosse.
Poi avanti avanti, Erik il vichingo e la sua sposa, Matilde di Canossa e Gregorio, Miyamoto il Samurai e l'amata Otsu.
E allora immaginavo che la storia potrebbe chiudersi con un'immagine in dissolvenza: due scheletri in un gabinetto anatomico. Quello più grande dell'uomo e alla sua destra quello della donna, le teste degli omeri a sfiorarsi.
Eh, lo so. Da attacco glicemico. Eppure mi pare così bella, la mia storia.

mercoledì 23 aprile 2014

A passi lievi


Ieri sera ho dormicchiato sul divano. Per me è tanta roba: io non pisolo mai in giro. Per chiudere gli occhi e lasciarmi andare, necessito di tempo, comodità, silenzio, penombra. Ed ecco spiegata la mia insonnia cronica.
Invece ieri, dopo il manzo alla tartara, l'hummus, il cioccolato e una sigaretta, ero in uno stato di tale grazia, che mi è bastato posare la testa sulla sua spalla.
Sì, è stata una giornata difficile nel mio negozio di cristalli. Bastava mi muovessi con un filo di distrazione, senza la massima cura, e giù un bicchiere, un vaso, una caraffa. Giochi di equilibrismo estremo.
Poi mi scrive, mentre salto su una gamba, le braccia larghe, tese.
Ti sorrido da matti.
Mi piace. La sua capacità di sentirmi. Il suo modo misurato di aggirarsi fra i miei vetri leggeri, senza paura di ferirsi. Il suo passo garbato, preciso. 
Come quando arrampica, e posa lo sguardo sul tutto, per scegliere la via. Le dita saggiano delicate, poi si agganciano, tenaci.
Ti sorrido anch'io, tutta quanta.

lunedì 21 aprile 2014

Album


Sarà perchè la mamma ieri ha portato un sacco di vecchie foto. Che c'è lei così bella in un vestito leggero, un autoscatto di papà in Canada, i nonni sorridenti sul divano. E ci sono io, prima piccolissima, poi più grande, poi adolescente, e alla cena di matura.
Sarà anche Pasqua, e si sa bene che le feste portano in coda i ricordi di altre feste andate.
Così dal risveglio mi suona una canzone, sentita da Pier, ascoltata viaggiando, chiamata oggi alla bocca.

Sempre sarai
nella tasca destra in alto
in un passo stanco
dentro un salto in alto
che mette i brividi
per sempre sarai
in un sorriso inaspettato
o in un appuntamento con il mio destino. 


Una carezza. A tutto quel passato, che mi ha fatta di questa pasta. Perchè in fondo, vado bene così.

domenica 20 aprile 2014

365


Un anno fa, di questi tempi, attraversavo l'Italia da est ad ovest. In stato confusionale.
Mi attendevano, braccia e sorrisi aperti, amici di quelli che non serve dire. Che non serve chiedere. Magari li vedi poco, ti scordi di chiamarli il giorno del compleanno (come tristemente noto, è un mio problema), non li aggiorni sulle tue beghe. Poi li ritrovi, e nel tempo di un caffè torni proprio là, dove li avevi lasciati. Tutto è fluido, semplice, ti senti a casa. 
Mangiavo qualcosa, provavo a dormire. Provavo a mangiare qualcosa e dormivo. Nelle pause li guardavo vivere, stupefatta. Energia e bellezza bussavano al mio abisso.

365 giorni
cazzo se sono tanti

Oggi ho provato quel senso di gratitudine, che somiglia alla felicità.
Anche perchè la Felicità, abbiamo detto, non esiste. Esiste un'osmosi con il tutto, più o meno o breve, più o meno intensa.
Oggi era intensa, e l'ho tenuta lì tiepida, per così tante ore.
Due grissini, qualche chiazza di sole, scalini di pietra, un bicchiere di vino. 
E l'albero disegnato assieme, le linee che definiscono forme. Mie, sue.
Guardarlo soddisfatti, facendo qualche passo indietro, palmo contro palmo.

giovedì 17 aprile 2014

First






Ho visto la prima rondine, ieri.

E come da tradizione (le prime fragole dell'anno, i primi alberi fioriti, la prima cena all'aperto...), ho espresso il mio desiderio. Che ovviamente e come da tradizione, non si può condividere, pena il mancato avverarsi del suddetto.
Il bello è che per una vita ho chiesto sempre la medesima cosa, puntualmente. Anche stesa in un prato, la notte di San Lorenzo. E siccome il cosmo mi ha prestato ascolto, io persevero. Perché magari i desideri scadono ad un certo punto, e vanno rinnovati.

Sono riuscita a racimolare alcuni pezzi della mia vita. Niente colla, o rattoppi: stanno solo tutti assieme in un sacchetto, ben numerati, come i cocci di qualche vaso bello recuperato in uno scavo. Perchè avevo bisogno di allineare quella che ero, con quella che sono. Quello che è stato e quello che è.

Sono ufficialmente in vacanza, fino a mercoledì prossimo.
Mi va di scrivere, fotografare, leggere, camminare. E dedicarmi al bricolage.
Con leggerezza.

martedì 15 aprile 2014

Morte apparente

Non sempre so di essere viva.
Ad esempio mentre guido nervosa, o mi muovo fra gli scaffali del supermercato, o infilo routinarie azioni fantasma: spazzolarmi i capelli, riempire la moka, mettere a tracolla la borsa, prendere le chiavi di casa. Mando avanti il corpo, azzero il sentire, e passano ore, e passano giorni.
Così a volte devo fugare il dubbio. Mi pizzico un braccio, mi cerco allo specchio. Cosa resta di me?
Poi finisco in quel bosco e sono così stanca. Domando ai muscoli di andare, contrarsi, portarmi su. Domando al sangue di spingere, caldo, fin dove può.
Allora per miracolo piove, piove ghiacciato sulla giacca nera. Piove bianco sulle foglie secche e poi tic, tic, tic, sul cappuccio, sulle mani, sulla bocca, in terra. Piove musica.
In un dolce sentore fradicio salgo in auto e scrollo i capelli, asciugo la faccia: sono un animale felice. 
Certo di essere vivo.

La vita è così, stupisce

La vita è così, stupisce

Mi piace

  • Paolo Rumiz
  • Passenger
  • Walter Bonatti e Rossana Podestà
  • pita ghiros