domenica 30 marzo 2014

Eden


Green eyes, green eyes
Honey you are a rock
Upon which I stand
 
(Coldplay, Green eyes)

Gli innamorati in qualche modo, generano bellezza. Dove passano spostano sguardi, evocano carezze fatte, sognate, pensate. Mettono giù semi di allegria, di leggerezza.
Gli innamorati sono presuntuosi.
Credono che il loro amore, mai sia apparso prima. Così fulgido, bello, puro.
Si pensano capaci di creare.
Così capita che due lettere tracciate col dito sulla riva di un fiume, paiano verbo.
E un terrazza sui tetti, il principio di tutto.

sabato 29 marzo 2014

Ascolta


La giovane volpe conosce l'odore tiepido di foglie e fiati e terra fresca. Mugolii e pelo, nello scuro di una tana, musi persi in altri musi, a farsi compagnia. Quello conosce. Fiuta la traccia già fiutata, sulla scia di zampe più sicure, attraverso il bosco. E la madre sempre si volta, la aspetta.
Ora respira col naso nel giallo, e prova a trovare passaggi, scie, presenze. Cerca, raspa con le unghie, gli occhi a indagare una grotta, il cavo di un albero. Ora è sola.
E poco lontano, sparano.
La giovane volpe scarta, il petto bianco perde il tempo, asincrono. Corre.
Corre e non sa, del rovo che le segna i fianchi, del fitto di tronchi candidi uguali e uguali, che pare non finire mai. Corre di sbieco, corre scomposta, corre cercando sponda. 
Fermati giovane volpe. Ascolta. Alza la testa.
Ogni volo, ogni corteccia, ogni verso. Tutto porta il suo segno. Tutto ti riconosce, ti parla, ti lappa la schiena, tutto si volta, e ti aspetta.
Fermati. E sarai in salvo.

giovedì 27 marzo 2014

Tutti al mare


Martedì abbiamo portato i bambini di quarta e quinta in gita a Trieste.
E lì, si sa, prosperano le salite a picco, le curve a gomito, i vicoli sinuosi. Nonché le varietà umane.
Insomma eravamo sul bus, ben accomodati.
Tocca premettere che nella nostra città provincialotta, si usa pochino il mezzo pubblico. Perché il centro è ridotto, e tutto si raggiunge a piedi, o al massimo in bici. Se esci dalla città sposti l'auto, visto che il traffico è ancora abbastanza sostenibile.
Così i bimbi erano lievemente eccitati dalla novità.
"Alla prossima scendiamo", dico in modo discreto quando stiamo per raggiungere la meta.
E loro esultano, ma appena appena.
Al che l'autista rallenta, guarda incazzato nello specchietto, e fa una piazzata. Del tipo "io-sto-lavorando-finitela-di-fare-casino-che-non-siamo-al-circo". Con tanti punti esclamativi.
Momenti di panico e sconcerto, un attimo di silenzio. Quindi una specie di Amelie (frangetta a mezza fronte e polacchino nero all'inglese) si prende a cuore la cosa e in quattro e quattr'otto sistema il losco figuro.
"Ma vai avanti", grida con gesto sprezzante della mano, "sono bambini, non hanno fatto niente".
La gente ride mentre i due polemizzano. Una signora ci fa l'occhiolino e si tocca la tempia col dito: qui sono tutti matti.
Esperienze metropolitane. E i miei pedemontani puri, se la sono goduta un mondo.

domenica 23 marzo 2014

L'essenza


Mi rendo conto, guardando ai vecchi post, di aver fatto un lungo viaggio.
E se questo risulta oggettivamente vero (del palazzo che abitavo solo dodici mesi fa, restano solo alcuni muri portanti), rileggendo le parole scritte scopro un lento e implacabile andare, dal fuori al dentro, dal grande al piccolo, dal generale al particolare.
Sto via via economizzando sulle azioni non fondamentali e dispensatrici di stress. Meno parole, folla e auto possibili, poche sane e calde relazioni, alcuni accessibili desideri.
Perchè ho tutto quel che mi serve.
E' che divento selvatica, silvestre, schiva.
Ieri pensavo ad un viaggio in treno, con la nonna e la cuginetta: si chiacchierava di scuola, di vacanze, di amenità. Avrò avuto una decina d'anni. Accanto a noi sedeva una bella signora, che ci osservava curiosa. Nonna, sorridendo, presentò le sue nipotine. La più grande solare, aperta, portatrice di allegrie; la piccola riservata, ombrosa, asciutta di parole.
Ricordo bene di essermi detta che ad ogni costo così avrei sempre dovuto essere, che quello era l'abito cucito per me.
Forse adesso mi riprendo gli anni, le ombre, le malinconie. La mia occasione di dare la schiena, di guardare silenziosa dal finestrino, una ciocca di capelli intorno al dito.

Quando sai com'è l'abisso
non sei più lo stesso
sai solo andare avanti
per come sei adesso
ti tieni un po' più stretto 
a chi ti tiene stretto
Però alla fine di questo dolore
sarà per sempre alla luce del sole
ciò che rimane di noi
cosa rimane di noi
Però alla fine di questo dolore
potremmo sempre comunque contare
su ciò che rimane di noi
(Ciò che rimane di noi, Ligabue)

venerdì 21 marzo 2014

Due


Una spazzola qui e una di là. Una crema giù e una su. Due slip, un paio di calze nel cassetto. E anche la maglietta per dormire è doppia, per non portarla in borsa ogni volta.
Il tè che mi piace è nella dispensa, il vestito colorato nell'armadio poggia il petto sulla schiena del suo giacchino blu.
Compero il pane, e non ricordo mai se quel pane l'abbiamo mangiato insieme, nella cucina verde di luce, o se l'ho affettato in città, sul tavolo bianco ingombro di cose incolori.
I nostri odori fanno conoscenza, si fondono, figliano altri odori. Saponi, sonni, lane, venti: la mia bora, la sua tramontana.
Facciamo combaciare i giorni andati, quelli in cui non eravamo due, e poi col filo di seta mettiamo su punti nuovi, per domani.
Jeg elsker deg, così si dice l'amore lassù.

giovedì 20 marzo 2014

Origini


L'altra sera parlavo con J del fatto che non so più tollerare il ritmo sincopato della mia vita. Che non mi appartiene questo scivolare continuo sulle cose, da una situazione all'altra, senza lo spazio fisico e mentale per ritrovare il centro.
Il daffare è niente, giusto un salario. Conta invece stare con la testa tra i piedi, faccia in giù a badare in basso. Conta piegare nuca sulla terra, tenere per lei premura più che per gli uomini.
E poi leggo cose così, che mi fanno pensare all'alternativa. Delle gambe che si piantano dritte, e tastano l'umida consistenza. Del faggio costoluto che sa tenermi la schiena se guardo su, verso i suoi disegni verdi. Dei piccoli rumori senza decibel, note sul rigo dei passi. 
E si diceva che solo da lì si può partire, dalla terra, dall'origine.

lunedì 17 marzo 2014

My dreams


Erano le cinque e mezza stamattina, e io attraversavo una città dagli occhi chiusi.
Nelle braccia quella percezione dolorosa di non avere patria e terra, che mi strappa via la voglia.
Ferma ad un semaforo, le dita strette sul volante, ho guardato di lato. Sono passati le carezze, il gelato alla meringa, il gigante col bastone sulla facciata del Duomo, al cui cospetto, spalla contro spalla, vediamo la luna cambiar profilo. La mia gente così bella, e i sogni che si innaffiano insieme: una casa nel bosco, una terrazza sul mare, un ristorantino ad Oslo, un cammino fra le cime, un gruppo anarchico di lettura, imparare a far più lenti, a respirare con la pancia. E il più dolce. Affondare pian piano le radici.

- Ti voglio tanto bene maestra.
- Ma se mi arrabbio sempre...
- Non è vero. Solo ti stressi, qualche volta.

La vita è così, stupisce

La vita è così, stupisce

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