sabato 10 ottobre 2015

Kafka e la mia leggerezza


E' successo qualcosa, qualcosa di grosso. Non mi è chiaro di cosa si tratti, so soltanto che devo rincasare prima possibile, prima che la situazione degeneri. Il cielo è di piombo e cenere. La città che attraverso quasi correndo nel parapiglia generale, è austera, solenne, mi ricorda qualche capitale dell'est Europa, che peraltro io non ho mai visto.
Chi non abbandona il suo alloggio si rintana, e sbarra porte e finestre.
Mi è chiaro che quando avrò raggiunto casa sarò al sicuro, in un abbraccio caldo e protettivo. Devo solo arrivarci e nulla potrà più farmi paura.
Salgo le scale a balzi, ho l'urgenza di sapere che i miei cari stanno bene. Divido queste stanze con una donna più grande e diversi bambini, ma non sono figli nostri. E' un sollievo enorme, passando la soglia, scoprire che nulla ha turbato la loro pace.

La popolazione vive reclusa. Per le strade circola una sorta di vigilanza armata, repressiva, feroce. Il trucco per evitare il loro intervento arbitrario, sadico e punitivo, è passare inosservati. Chi è proprio costretto ad uscire cammina rasente muro, il capo coperto, gli occhi bassi. E' consigliabile vestirsi di scuro e si prediligono abiti severi, luttuosi e di vecchia fattura: lunghe palandrane, ampi mantelli. Ma è come se sotto, sotto ogni copertura grigia da ratto in fuga, potessi vedere i cuori rossi, pulsanti e vivi.

Esco di casa, tengo uno dei bambini per mano. Sa che non deve parlare, sa che deve sembrare trasparente. Andiamo rapidi verso qualcosa, è buio, urtiamo altri corpi chini, altre spalle richiuse. Ma si va avanti tattenendo il fiato. Fiuto la presenza della polizia, la percepisco ad ogni svolta, in ogni androne, lungo tutto il percorso. Però cammino serena, non ho paura e tengo stretta la piccola mano calda nella mia.
Giunti davanti ad un portone ci fermiamo e ci guardiamo attorno. Io cerco un nome fra i campanelli e suono, poi attendo. Risponde al citofono una voce di donna lontanissima e flebile (chissà perchè so che si tratta della "professoressa di grammatica"). Concitata e rapida le spiego che deve uscire, che deve partecipare, che la resistenza siamo noi, che non può esimersi. Lei si dichiara infreddolita e stanca (la legna scarseggia ovunque), dice che ha rinunciato persino ad andare a scuola, tanta fatica le costa ogni gesto.
La saluto, torno sui miei passi e la mano del bambino è sempre lì.
Percepisco le gambe svelte sotto la gonna pesante, e sono sciolte, agili, godo del loro andare leggero e del mio corpo tutto, che le accompagna.
Cammino e penso, penso a cosa potrò fare per stanare e portar fuori altre anime, per salvare altre esistenze. Ma sento, sento forte che ce la faremo, non ho nessun dubbio, nessuna incertezza.
Arriviamo a casa e ci inonda una luce calda e odore di buon cibo e voci argentine. 
Saluto, abbasso il pesante cappuccio, sorrido.

P.s. Al risveglio avevo bene in mente il palazzo in cui la mia "professoressa di grammatica" viveva. Così ho googlato palazzi europa est. L'ho trovato quasi subito. L'immagine mi ha portato al nome: palazzo Kinsky. Wikipedia dice che: tale costruzione alla fine del XIX secolo ospitava una Scuola di grammatica tedesca, frequentata tra il 1893 e il 1901 da Franz Kafka. 
Proprio lui. Che con i sogni, aveva una certa dimestichezza.

25 commenti:

  1. Insomma anche tu non scherzi con i sogni

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  2. Sarebbe stata una immagine consona pure alla mia pagina odierna.

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  3. Hai mangiato troppi arrosticini? A me succede quando esagero con la pecora (tipo stasera)

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    1. No, al contrario. Sarà che mi sono privata della cioccolata serale :(

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  4. O__O ... ma passa qualcuno, durante l'intervallo, o te porti il pop corn da casa?
    ;)

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    1. Ma si...che pare impossibile un sogno così articolato.
      Ma è vero Viperello, credimi...

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  5. ...io sogno poco...
    ma pure tu santo cielo, con stì sogni!

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  6. Sembra l'inizio di un romanzo..... un po noir :)
    Allo stesso tempo un stralcio o un piccolo spin-off di VforVendetta ...
    Kafka e Pirandello, sono stati bei compagni di lettura una ventina di anni fà :)

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    1. All'ambientazione V per Vendetta avevo pensato anche io ;)

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  7. Io sogno poco in genere, non so se sia una fortuna o meno ^^

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  8. Come sai, i sogni non sono il mio forte... A volte veri e propri incubi...

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  9. Come scrivi tu rapisci.

    Come hai scritto stavolta hai proprio portato dentro.

    Spesso i sogni son frammenti che ritornano, spesso lì c'è una coscienza collettiva che si interseca, spesso ci danno imput e indicazioni per andare avanti meglio nel presente, pescando nel passato.

    Ti bacio bimba

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    1. L'ho interpretato diverse volte diversamente. Ma alla fine credo di aver trovato il suo senso profondo.
      Ti bacio tanto anch'io... :)

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    2. O__O ho scritto coscIenza.... renditi conto!

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    3. La I non va mai assieme alla SCE. Ma sempre in SCIENZA E COSCIENZA :)

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  10. Avevo fatto giusto e ho fattola figura da 'gnurant per correggermi.
    Sono io.
    :P

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  11. Complimenti per il Blog. Lieto di seguirti
    Maurizio

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