Pensavo di scrivere una lettera ai miei figli. Alla luce delle cose, adesso, guardandomi intorno, indietro, di lato. Non una roba moralistica o didascalica, densa di buoni consigli e lezioni di vita. Più una specie di storytelling, in cui il vissuto, i sogni, gli inciampi, la bellezza, vadano assieme.
Questa voglia di testimoniare ha preso forma giovedì sera a teatro, mentre ascoltavo un brano di Jack London. In buona sostanza si diceva che ogni essere vivente è chiamato a giustificare il suo stare al mondo con opere e gesti. Se in quanto uomini abbiamo la facoltà di pensare e costruire e lasciare tracce, non possiamo permettere alla nostra vita di scivolare via senza peso, estranei alla nostra natura, ai nostri talenti, alle nostre spigolature. E soprattutto, tocca mettere tutto a frutto, il bello e il brutto, l'armonia e le dissonanze.
Siamo qui per Esserci, nè più nè meno.
Volevo dir loro anche un'altra cosa. Che quando amiamo qualcuno, lo amiamo al di là di noi stessi, oltre il nostro cono di luce. Non amiamo in funzione di ciò che desideriamo, che cerchiamo, che vorremmo, non ci aspettiamo precise corrispondenze e incastri perfetti. Amiamo qualcuno e basta, lo amiamo con le sue misure, lo ameremo anche se non potrà mai essere un disegnino nel nostro bel quadro.
Perchè anche l'altro disegna il suo bel quadro, ci piaccia o no.
In realtà, dopo tanto pensare ho deciso che non scriverò nulla. Perchè le cose s'hanno da vivere e attraversare tutte, sparati a cento all'ora.
Così mi hanno vista fare. E credo sia abbastanza.
C'è anche un'altra ragione: qualunque cosa si dica ai nostri figli, da un orecchio entra e dall'altro esce, senza fare nemmeno un giro nella scatola cranica.
RispondiEliminaAi nostri figli come ai giovani in generale.
E credo sia giusto così, che appunto finché non vivi e non ci sbatti il muso, non ti entra nella capoccia.
E pure dopo, forse, non è detto ci rimarrà a lungo.
oppure:
Elimina“Sono nato a Trastevere, e deve sapere che il carcere di Regina Coeli è proprio lì, sotto il Gianicolo. Diciamo che avevo brutte frequentazioni, e allora una volta mio padre mi portò sul colle davanti al carcere che è duecento metri sotto la terrazza col panorama. Sa cosa succedeva? Spesso aggrappate al parapetto che le divideva dal baratro, c’erano le mogli dei carcerati che parlavano coi mariti urlando verso le finestre con le sbarre. Così potevano scambiarsi informazioni, dirsi quanto si amavano, anche magari solo piccoli problemi domestici. Quel giorno lì c’era una donna, sui trent’anni, che teneva per mano un bambino, faccia conto otto anni. La donna stava parlando con il marito.
-Aldo!- gli urla” – Guarda che tu fijo ha preso tutti due sulla pagella!-
Dopo qualche secondo si sente la voce di Aldo dal braccio più esterno di Regina Coeli: -Mannaggia alla puttana … ‘ndò sta?-, e la moglie: – Sta qui con me! Te sente!”, e il marito risponde: -Digli che appena torno a casa je faccio veni’ la voja de studia’ a cinghiate!-. E la moglie: -Prima che torni, tu fijo s’è laureato!-
Mio padre mi guardò e mi riportò a casa. Ecco, vede? Non ci fu bisogno d’altro.”
(“Era di maggio”, A. Manzini – pag. 193)
Mmmm. I miei ascoltano, di solito. Non so dirti come mai, ma tengono conto delle mie parole.
EliminaMolto carina :))
un diario, scrivigli delle pagine che leggeranno poi, che capiranno poi. come dice vipero entra da un orecchio ed esce dall'altro.
RispondiEliminaAh sì...comunque non gliel'avrei dato ora...
Eliminaecco, non scrivere nulla, perché quell'amore gratis è senza senso.
RispondiEliminaNo Fra, non è gratis.
EliminaE' solo amore consapevole. Puoi anche smettere di essere una coppia, se lo stare assieme non ti corrisponde più, ma l'amore (affetto, tenerezza) resta. Perchè ami qualcuno per com'è.
Il fatto è che si impara anche sbagliando. Ma, allo stesso tempo, alcune cose meglio dirle prima (magari si evita uno sbaglio irreparabile...).
RispondiEliminaScrivi se te la senti, e non scrivere se non te la senti. Entrambe le cose vanno bene.
Io spesso mi metto a dire cose "State attenti ad attraversare la strada che se arriva una macchina vi schiaccia" e simili, sperando che facciano attenzione. Ripeto allo sfinimento a volte (avevo smesso, ma una volta ho visto mia figlia attraversare la strada in diagonale con una macchina che andava piuttosto veloce) e lo faccio perché spero che il messaggio passi. Altre cose invece le dico meno spesso.
Se i bambini capiscono o meno dipende dalla loro esperienza e se stanno facendo attenzione.
La settimana scorsa, per dire, ci ha attraversato la strada un gattino. Io stavo andando (non velocissima, ho leggermente rallentato) e dicevo "Dai, gattino, passa, passa, e stai attento che io rallento ma magari gli altri non ti vedono e ti prendono sotto!" e, quando finalmente ha attraversato, ho detto "Bravo gattino! Stai attento e passa veloce anche in futuro!" Mio figlio era con me e mi ha detto "Forse tra i famigliari di quel gattino qualcuno è stato schiacciato da una macchina, e lui ha imparato perché ha visto le conseguenze". Che dire. Sono rimasta un po' sorpresa del suo commento (significa che non parlo a vanvera, e che anche se non sembra ascolta) e però ho detto "Speriamo che voi imparate senza che succedano mali a cui non c'è rimedio, come essere schiacciati da una macchina!"
Credimi, ascoltano eccome. Con un rapporto come quello che avete, conta tanto quello che dici...
Elimina> ogni essere vivente è chiamato a giustificare il suo stare al mondo con opere e gesti
RispondiEliminaIo faccio sempre mio il suggerimento spirituale di Baden Powell: lasciare questo mondo, l'ambiente migliore di come lo abbiamo trovato.
Il migliore, per me, si confà all'ecologia in senso più ampio possibile.
Ognuno lascia la traccia che più gli somiglia. Può essere questa, o una canzone, o una casa di sassi.
EliminaA mio parere anche questo blog è una gran bella testimonianza.
RispondiEliminaMille baci.
EliminaCon i figli "scrivi" vivendo accanto a loro :*
RispondiEliminaVerissimo. Questo volevo dire.
EliminaLascia loro le pagine della tua vita, senza omettere di scriverne nessuna
RispondiEliminaIn effetti, anche queste pagine sono testimonianza.
Eliminala foto è bella forte
RispondiEliminaVisto che bella?
EliminaSicuramente il finale è corretto, ma io... scriverei comunque loro qualcosa, perchè credo sia un bel gesto, che ogni figlio vorrebbe dal proprio genitore e che non tutti i genitori fanno... anche rileggerlo poi a distanza di tempo... boh, io scriverei loro comunque, poi vedi tu :)
RispondiEliminaCi penserò Maurì...
EliminaCome stai?
Quanta dolcezza.
RispondiEliminaAnche a me è sempre piaciuta l'idea di scrivere di me da qualche parte, di modo che in un futuro i miei -sempre futuri- figli possano conoscere lati di me che nemmeno sognerebbero.
Sarebbe davvero bella come cosa.
benvenuta :)
EliminaGrazie...
Sono passata da te!
Ribadisco il pensiero che mi era sovvenuto leggendo il post, e che Mariella ha sottolineato qualche commento sopra.
RispondiEliminaStai lasciando già un blog fantastico, di sensazioni e pensiero, di sogno e ricamo, di sensibilità ed accortezza. Spero che ti leggano. Con lo stesso stupore che stimoli in noi. ;)
Franco! Troppa roba...
EliminaStupore. Mi piace tanto.