martedì 17 novembre 2015

La mia giornata della memoria


Ci aveva chiesto di chiamarlo per nome. Marco.
Eravamo tutti innamorati di lui, indistintamente. Che quando un prof arriva in classe e dice candido "odio insegnare, ma ho bisogno di mangiare. Quindi, visto che ho accettato l'incarico, farò del mio meglio", puoi solo star lì appeso come un pesce all'amo. Muti. Noi, che eravamo sempre a polemizzare su tutto.
Nel giro di qualche giorno Marco ci conquistò col suo sguardo bello e fresco sulle cose, con le sue letture declamate ed enfatiche, con la poesia che metteva in ogni gesto. Il miglior insegnante che abbia mai avuto.
Marco era uno storico, uno studioso. Passava i suoi pomeriggi all'Istituto per la storia del movimento di liberazione, setacciando archivi e biblioteche.
Un giorno, all'uscita di scuola, propose ad alcuni di noi un lavoro. Avremmo dovuto intervistare gli ultimi, fra triestini e sloveni, deportati dai tedeschi per crimini politici. Gente di ottanta, novant'anni, che non ne poteva più di ricordare e riesumare.
Accettai. Salivo su in Carso con il registratore nella tracolla, vestita come si conviene, discreta, riguardosa.
Mi offrivano caffè, biscotti al burro, limonata, ed era sempre difficile iniziare l'intervista. Andavano ore.
Conobbi un reduce con gli occhi celesti, che si era salvato grazie al suo trombone.
Una donna piccola e magrissima, sopravvissuta al campo con un bimbo nella pancia.
Spesso si finiva per andare oltre, oltre l'intervista, oltre la deportazione e il dolore. E si parlava di figli, d'amore, vita e ricette. Mi facevano raccomandazioni, mi davano consigli.
Una sera d'inverno, seduta nel salotto di una bellissima signora elegante ed eretta, scrissi sul mio notes: 
Dopo la prigionia capii che non ero più capace di amare. Amavo male, a dismisura. Allora cominciai a tradire, per distogliermi da quel troppo, per raccontarmi che era poco. Per distribuirlo, perchè quel sentire non facesse paura. Sono sopravvissuta a decine di compagni e compagne, ma non al dolore per aver ingannato l'unico che abbia amato.
Quando uscii, e la salutai, si scusò. Perchè ero ancora troppo piccola, disse, per il suo troppo.

23 commenti:

  1. è questo il bello, capire dopo, ho sempre avuto un'immagine di questo, come quando vai in una soffitta e trovi un oggetto, che stà lì da anni e anni, incompreso, emarginato ... ed improvvisamente lo vedi e torna a vivere, compreso ed amato. così sono certi ricordi, restano lì a dormire e poi improvvisamente qualcosa li fa diventare preziosi.
    alcuni le chiamano cellule dormienti, ma questa è un'altra storia :)

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    1. Cellule dormienti. Che bello...ora cerco.

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    2. Azz. Pensavo avesse un doppio significato, anche. Neuropsichico, o simili.
      Invece sono solo "quelle" le cellule dormienti...

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  2. non per spirito di polemica, sia chiaro, ma delle foibe si parlava ?

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    1. A Trieste negli ultimi anni non è più un tabù. Se ne parla, eccome. Certo che anche in questo caso, c'è voluto tempo.

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Quasi ti vedo: salivi curiosa di conoscenza. Ma tornavi consapevole di quanto ti era stato regalato? E il bagaglio sulle tue spalle non pesava come un macigno? Io sarei rimasta piegata dalla sofferenza.

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    1. No, mi sentivo troppo "in missione". E' l'età in cui si crede di salvare il mondo...

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  5. (Racconti in modo splendido)

    Eri alle superiori al tempo?

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  6. Non si è mai piccoli, si è solo non pronti a conprendere, ma le parole dette son semi. Come è successo a te, a distanzi di anni, quella frase è stata così importante per te da farne un post...

    Ti bacio bimba bella

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    1. Ultimamente mi capita molto spesso. Assisto a questo risorgere di immagini o parole che non credevo di ricordare.

      Ti bacio molto pure io :)

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  7. Un ricordo che viene dal cuore il tuo, che come sempre ci fai non solo vedere quelle scene che descrivi ma anche quasi sentire, attraverso le tue parole, le tue stesse emozioni. È davvero un qualcosa di grandioso, questo.. ;)

    Un abbraccio :)

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  8. Io mi son più volte chiesto se il tradimento è tale perchè fatto di nascosto
    oppure è tale perchè conosco (latinamente) un'altra persona?
    Se fosse la seconda allora prima di "conoscere" basterebbe avvertire.
    O no?

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    1. Eh, se chi veine avvertito concorda sul da farsi, mi pare non facccia una piega... Il problema è che trovo molto difficile concordare ;)

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    2. Almeno per me...io non concorederei :D

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  9. Gli eventi forti sono liberatori, rompono molti vincoli, legami, freni.
    In contesti estremi molte persone esibiscono personalità e caratteristiche molto diverse.

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