mercoledì 29 giugno 2016

Abbastanza lontano per

Sono marina, non c'è niente da dire.
E' verissimo, i monti mi piacciono da matti, ma tutto sta nel fatto che i monti erano fondali marini, prima prima prima.
Quando arrivo al mare il mio corpo torna alle origini: anche i capelli diventano giallo stoppa e si ribellano al pettine, tentacoli serpeggianti di medusa. Mi piace lasciarmi il sale addosso, più che posso, e mentre leggo su uno scoglio, assaggiarmi la pelle.
Mangiare una pesca facendo scolare il succo fra le dita, intagliare legni, cacciare sassi, viaggiare scalza.
Purtroppo la funzione "pensiero" rimane sempre piuttosto vigile, ma col passare dei giorni pare farsi meno inflessibile.
Insomma amici non so. Se torno.

giovedì 23 giugno 2016

Confetti



Mi facevo leggere Pinocchio, serialmente, Anticipavo col labiale ogni dialogo, ogni battuta. Quando il nonno spegneva la luce e mi dava la buonanotte, nell'aria aleggiavano immagini, parole.
Confetti al rosolio, per esempio: li sognavo di notte. Non ne avevo mai visto uno, ma li immaginavo candidi, con la glassa zuccherina e croccante, il ripieno tiepido e profumato.
Ecco, in questi ultimi giorni ho gustato alcune gioie piccole e rotonde che a pensarci, mi paiono rigeneranti e deliziose come i confetti della Fata Turchina.

Confetto 1
Torno da un breve giro in bicicletta. Bici nuova, moltissimo stratosferica per una che frena in discesa, si gratta il naso mentre pedala. e chiama i rapporti "i cambi di destra" e "i cambi di sinistra".
Insomma me ne torno un po' sfrecciando e un po' lemme, senza regolarità alcuna, lungo una strada secondaria e bellissima immersa nel verde, che qui e là si affaccia sul torrente azzurro.
Mi viene incontro una figura scura, che da lontano non so riconoscere. Quando mi raggiunge, vedo che si tratta di una donna di colore avvolta in un drappo verde, che - nonostante una certa mole - avanza lesta e sciolta, impugnando un lungo bastone da cammino. Incrociandomi apre un sorriso bianco e vasto, e dice "ciao" con la voce più rassicurante e melodiosa mai sentita.
Ma da dove spunta questa meraviglia?

Confetto 2
Durante la festa di fine anno i genitori hanno allestito in cortile un ricco buffet.
Uno degli alunni piccoli, quattro anni, emerge dalla selva di gambe e si avvicina. 
"Vorrei una fetta di torta al cioccolato maestra, ma non vedo dov'è", dice guardando avvilito la folla ammassata attorno ai tavoli. 
Intercetto uno dei miei, classe terza, gli faccio cenno.
"Accompagneresti M. a prendersi una fetta di torta per favore?", chiedo.
Osservo. Il grande prende la mano al piccolo, si fa strada. Giunto al tavolo dei dolci si infila repentino fra i corpi e recupera il bottino. Poi ecco, sorride trionfalmente al piccolo e con gesto cavalleresco e pieno di cura si inginocchia e gli porge la fetta di torta posata sulle mani aperte, avvolta in un tovagliolo.
Mi sono sentita così fiera.

Confetto 3
Ieri siamo andati per boschi, boschi selvaggi e puri, poco attraversati. Il sentiero saliva abbastanza ripido, e io, nonostante la gran voglia di cime, picchi, rocce e visioni panoramiche, arrancavo un po'. Sarà stato il primo caldo, o lo stress accumulato nelle ultime settimane (credo che sarei capace di rimanere a letto per tre giorni consecutivi), ma ad un tratto l'erba fresca - che aveva preso accordi con la pizzetta posta sul fondo dello zaino - mi chiamava a gran voce. Un simpatico coro di sirene.
Così mi sono fermata da sola, ho appoggiato la schiena contro un albero e sono rimasta lì, nel silenzio assoluto.
Ad un tratto mi è parso di sentire un soffio, uno sbuffo, un suono anomalo alle mie spalle. Così mi sono voltata cauta, lentamente: ad un metro di distanza, in una chiazza di sole, stava un capriolo dorato, tutto occhi e orecchie, Ci siamo guardati, un attimo.
Poi, spaventato, è scomparso nella boscaglia con quattro salti lievi.

mercoledì 15 giugno 2016

Amata


Questo biglietto, scovato tra foto e ricordi, lo scrissi al compagno di mamma, attuale marito. Avevo più o meno quindici anni e gli raccomandavo un buon uso della nostra vita. 
Siamo andati a Trieste, da troppo tempo non vedevo la mamma, e la nonna. 
In ospizio l'aria era irrespirabile e ho di nuovo assistito all'angosciante sfilata dei vecchini accompagnati in bagno, prima di cena. Li piazzano in corridoio, e poi sul water uno alla volta, serialmente. Se per caso avevano bisogno mezz'ora prima, ciccia. Se al momento non hanno affatto bisogno, via lo stesso.
La nonna - camicetta bianca, collana di perle, golfino nero - se ne stava nei pressi dei finestroni e chiacchierava. Non so come, pare sfuggirle lo strazio intorno.
Ci ha fatto una gran festa, esibendoci come trofei.
Frasi rigeneranti del tipo: "finalmente un po' di gioventù", "buonasera signorina", o "arrivederci ragazzi", mi è dato di sentirle solo in occasioni come questa, e tesaurizzo.
Ha parlato, poi ha parlato. Infine ha parlato e parlato. Noi ascoltavamo senza interrompere e io, che conosco ogni sua storia, aggiungevo i dettagli persi, come in un gioco ad incastri. Lui attento, curioso, stupito da tanto brillante dire e ricordare.
Quando una delle inservienti si è avvicinata a ricordaci che era ora di cena, nonna ha chiesto cinque minuti supplementari. Partendo alla larga, ma non troppo, ci ha tenuto a definire alcune cose.
"Gioia è la nostra meraviglia", gli ha detto sorridendo, "e ci fa stare tutti bene. Tu mi sembri un bravo ragazzo, ma sappi che se non la tratterai come si merita, dovrai vedertela con me".
E io mi son detta che finché sono "nipote", oltre che "figlia", ci sarà sempre una bambina dai grandi occhi, dentro di me.

mercoledì 8 giugno 2016

I wish


Insegno per scelta in una scuola in cui si riconoscono e si nutrono i talenti individuali. Sei bravo in matematica, ti destreggi con il calcolo e maneggi i decimali come fossero caramelle? Allora in seconda potrai fare la radice quadrata. Sei uno scrittore in erba? Ti sarà data la possibilità di uscire dal testo stereotipato e infantile, di incontrare i grandi "autori", di produrre racconti, trame, storie. Magari anche un libro autoprodotto che potrai leggere ai compagni.
Ho sempre pensato che questo valorizzare l'individuo dovesse andare a braccetto con una consapevolezza dei limiti, con un'attenzione rispettosa dell'altro e di quanto ci sta intorno.
Come dire, riconosco la tua genialità e la tua bellezza, ma sappi che non esisti solo tu, che vivi calato in una realtà fatta di altre individualità (umane e non) degne di altrettanto stupore e ascolto.

Ma qualcosa non torna. Porti i bambini al museo e mentre un addetto illustra con passione ed entusiasmo gli oggetti presenti nella stanza, li osservi. Uno sbadiglia. L'altro pone domande complesse, troppo complesse, così complesse da essere insensate, fuori luogo (ma cosa vorrà dimostrare?). Uno interrompe, fa rumore, come a cercare sguardi. L'ultima, alla quale faccio segno di tirar giù la scarpa da una sedia antica, mi chiede col labiale "ma perchè??", senza dare cenno di aver compreso il mio gesto eloquente.
Sono tornata a casa con la testa piena di domande. Dove si sbaglia? Perchè faticano a decentrarsi, a cogliere quanto ruota, respira, si muove, intorno a loro?

Poche ore dopo, attendo il mio turno nella sala d'aspetto del dentista. Scrivo un messaggio alla collega-sister.
Sono avvilita amica. Oggi ho le mani vuote.
Qualcuno occupa la sedia a fianco.
"Ciao".
Lo guardo distratta. Ne stimo l'età al volo: sette e mezzo.
"Ciao", rispondo.
"Come ti chiami?", mi chiede.
"Gioia. E tu?"
Si chiama Marco, probabilmente dovrà mettere l'apparecchio. La mamma e il papà stanno facendo richiesta per il finanziamento. Dice che sono operai, e lavorano sempre. Racconta che la sua mamma sceglie per lui sempre le cose migliori. Per esempio ha deciso di non mandarlo a scuola in paese, perché lì c'è una maestra che si fa le unghie in classe, e con le stesse forbicine poi taglia il sacchetto delle caramelle che distribuisce ai bambini. Ridono gli occhi rotondi dietro le lenti un po' spesse, mentre esclamo "orrore!".
Fa la seconda. Snocciola tutto quello che ha imparato quest'anno, orgoglioso.
"E le paroline capricciose? Non le avete fatte?", dico.
Mi squadra, mi misura, sorride. "Ma sei una maestra? Non sembra".
E' tra i più bravi, mi spiega, solo una volta è finito fuori dalla porta. Che se ti capita, devi stare fermo con la schiena poggiata al muro.
A questo cuor contento, tutto pare bello, desiderabile, degno di nota. E' curioso ma non invade, è interessato e  chiede con garbo,
Mi chiamano, devo andare, quasi mi dispiace.
"Ciao Marco. Grazie per la bella compagnia".

Marco ha poco. Dal poco nascono desideri, e i desideri muovono sogni, e i sogni richiedono mani lievi, parole composte, occhi accesi.

venerdì 3 giugno 2016

Al mondo


Ad un certo punto, in età adulta, scoprii di avere un corpo. Il giorno prima non c'era, poi c'era. Un giorno le spalle erano mute, le gambe silenti, i capelli raccolti nella coda austera, e il mattino dopo tutto parlava disordinatamente, sfacciatamente.
L'irriducibile schiamazzo ebbe inizio durante un agosto francese, caldo, dolce di odori, brezze e polle d'ombra. 
Quel mattino agli Invalides avevo deciso di non entrare al museo e in un tempo largo, miracolosamente mio, mi aggiravo fra gli scaffali dello store.
E' incredibile come certi dettagli, all'apparenza scarti, restino nel tempo ritti come cimeli. Così, ricordo addosso i pantaloni di lino bianchi, freschi, la canotta nera, sbracciata.
Ad un tratto mi sembrò che qualcosa alle mie spalle chiamasse insolente, come spingendo, e mi voltai.
L'uomo stava a qualche metro, con un libro aperto fra le mani e mi guardava. Nonostante tenesse gli occhi nei miei, sapevo che in qualche modo mi raccoglieva tutta, e quella carezza muta, languida, ebbe su di me l'effetto detonante di una collisione frontale.
Con moto istintivo e primordiale, raggiunsi in fretta la porta ed uscii nel portico.
Ora, il resto è irrilevante. Che l'uomo mi seguì, che tentò un approccio lieve, sorridente, e molto francese al quale risposi in modo sgarbato e freddo, importa poco. Non cercavo nulla e nulla avrei voluto. Non ricordo i suoi lineamenti, nè il suono della sua voce.
Conta, e resta, che attraversai il parco con piedi leggeri e flessuosi, braccia sciolte e tiepide, bocca fremente e morbida. Dischiusa così, messa al mondo.

La vita è così, stupisce

La vita è così, stupisce

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