domenica 27 dicembre 2015

I feel my heart beating


I feel my heart beating
I feel my heart underneath my skin

 
Il giorno di Natale verso le 12, mentre il mondo intero banchettava, io attraversavo un bosco (suuuuu e giuuuuuuù, suuuuuu e giuuuuuù...) con gli sci ai piedi. I due, che tempo fa mi parevano decisamente recalcitranti, adesso collaborano di buon grado. Sì, quel che basta a non finire la mia sessione in un bagno di sudore. 
Il mio cervello è ancora tutto elettrico mentre scio, le connessioni ipertrofiche. Un mondo di variabili da controllare: respirazione, direzione della pista, coordinazione, posizione dei bastoncini, angolatura, bolidi che arrivano alle spalle, rametti di traverso da evitare assolutamente.
Però rido, quando un passo mi sembra particolarmente riuscito. E a volte, per pochi minuti, mi capita di andare. Andare e basta, con moto dolce e perpetuo che non necessita di pensiero. 

Ieri siamo andati a pranzo dalla mamma e c'era anche la nonna, in libera uscita. 
L'ho abbracciata. "Ciao nonna. Che messa in piega festaiola".
Ha sorriso. "Pare impossibile adesso, ma ero proprio bella una volta", dice.
"Lo sei anche ora. Come va?"
"Come vuoi che vada. Finito il pranzo devo tornare là e invece vorrei casa mia".
Mi ha preso un groppone. Ho provato lo stesso a rilanciare.
"Sai quante signore novantaseienni godono di una giornata coi nipoti e i bis-nipoti, tutte arzille come te?"
"Lo so, è una fortuna grande. Ma preferirei essere un po' meno arzilla, un po' più rimbambita. Così magari non soffrirei".
Non c'era proprio altro da aggiungere.

Ho ricevuto dei regali bellissimi, e capita quando non c'è aspettativa alcuna. Il plaid con Masha che fa le boccacce, il mio Erri, tre serie di Modern Family, cremine profumate, una gallina arancione, la voce di Chris bella più che mai. Ho goduto immensamente dell'altrui spacchettare, delle mani impazienti, dei grati sorrisi.

In questi giorni di bilanci, mi è capitato di sentire affermazioni come queste:
- avresti/avrei dovuto
- ho/hai/ha sbagliato
- è stato un errore, potevo /potevi/poteva fare diversamente
Ecco, tutte cazzate. Risparmiamocele. Perchè lo ribadisco, l'errore non esiste. Esiste solo ed esclusivamente quello che possiamo fare in un determinato momento, con i nostri limiti e le nostre forze. Ammetterlo, ammettere di essere oggettivamente limitati, e di agire per come possiamo, è già da supereroi.

lunedì 21 dicembre 2015

Sorprese


Papà non diceva mai ti voglio bene, lui si faceva amare. Sondavo le profondità dei suoi occhi, dei suoi gesti, per capire. Spesso, troppo spesso, disapprovava.
Ma quando tornava da uno dei suoi viaggi, estraeva dalla valigia meraviglie, per me. Un copricapo indiano, un libro minuscolo da leggere con la lente. Dolcetti dai gusti speziati e sconosciuti.
Forse per questo amo così tanto le sorprese. Amo spalancare bocca e occhi: aprendo un armadio, scendendo le scale, alzando le coperte, frugando nella borsa, rovistando nel cassetto dei calzini, sollevando il cuscino del divano, guardando il display del cellulare.
Mi piacciono gli oggetti inutili, le parole inventate, splendide nella loro frivolezza. Un nastro, un biglietto buffo, una scatolina azzurra, slip a pois, orecchini piumati, penne glitter, un anello di fili intrecciati. 
Mi piacciono cose improbabili, scovate, cacciate, estratte per me.
Mi piace quando qualcuno, pensandomi adopera le mani. Una cuffia rossa a punto riso, una lettera piena di nostalgie e scarabocchi, una cornice sbilenca di conchiglie, un fiore essiccato, un ciondolo di legno levigato, una torta al cioccolato.
Non dimentico mai un'attenzione speciale, l'inattesa grazia di uno slancio impensato.
Sì, lui non diceva mai ti voglio bene. Forse per questo amo le sorprese.

venerdì 11 dicembre 2015

Investimenti


Laguna, canali, trampolieri migratori. Ero arrivata lì non so come, così liquida, sirena bionda di nero fasciata. Che mi era toccato scendere dall'auto coi tacchi alti, in quell'infinita pianura gialloblu, e chiedere un'informazione ai quattro avventori dell'unica osteria. Come un'apparizione mi avevano guardata.
"Dirita te ga de andar, sempre dirita".
E così avevo fatto, sempre dritta.
Di quel giorno mi resta il ricordo di un sole rotondo, che chiamava la pelle, le braccia. E una battuta che lui disse al calar della sera, prima che le nostre auto puntassero in direzione opposta.
"Sei un investimento per il mio futuro. Non esiste un'altra così devota".
Credo che proprio in quel momento, in quell'attimo preciso con il cielo rosso e l'odore della terra smossa, tutto mi fu chiaro.
Così fanno, le devote.
Per dirla tutta, quella devota, quella appesa, quella in attesa, quella geisha dolce e sospesa, e senza pretesa, dismise i suoi occhi velati all'improvviso, senza preavviso.
Tornò verso est, sulle labbra un motivetto.

After all this, won't you give me a smile?
I never felt so much a' like
(The Clash, London Calling) 

lunedì 7 dicembre 2015

Malato grave

 
Così, stavo pulendo un po' casa. Ma non ero vestita da casa, indossavo i miei jeans, perchè tendenzialmente non mi piace essere vestita "da casa". Mentre lavoravo con i guanti gialli ben calzati, mi hanno chiamata al telefono, e dopo aver riattaccato ho infilato il cellulare nella tasca di dietro, per far svelta, e finire in fretta di passare il pavimento con lo straccio.
Vado su e giù con lo spazzolone, e ancora su e giù, poi urto con il braccio la scopa, che ovviamente cade, travolgendo un po' tutto (pattumiera, detersivo, paletta...). Qualcosa fa "splash!" e dal secchio esce bellamente una discreta quantità d'acqua. Io la tiro su immediatamente, chiedendomi con un certo stupore misto ad incredulità cosa mai avrà causato quello spostamento di masse idriche. Ma, troppo presa dal mio fervore detergente, purtroppo soprassiedo.
Ad un tratto (dieci minuti dopo) odo la mia allegra suoneria Nokia Brimful cinguettare. Porto una mano alla chiappa, ma il telefono non sta più lì. Con sgomento comincio a guardarmi attorno (magari inconsapevolmente l'ho riposizionato) e scopro con orrore che il trillo pare sopraggiungere dalle recondità della terra o dall'interno di un armadio saturo di coperte.
Insomma, non serve che vi dica altro.
Dopo una sommaria asciugatura a secco, ho proceduto con lo smontaggio e una raffinatissima phonatura. Ma il mio display continuava ad apparire variegato ed iridescente. Inoltre il telefono, come dotato di vita propria, seguitava ad accendersi e spegnersi a suo piacere.
Quindi ora giace in un sacchetto pieno di riso. Mi fa male proprio vederlo così, aperto e sviscerato, privo della forza vitale necessaria a produrre il suo lieto e whatsappante ti-tin.
Ogni tanto lo estraggo e gli sorrido dolcemente. Secondo me, ce la farà.

giovedì 3 dicembre 2015

Imbattibile


Eccomi, sono qui.
Stavo cercando l'abito giusto quando sei arrivato, e tutto era troppo stretto, troppo corto, troppo cangiante, troppo pesante. Stavo lì nuda, e avevo un gran freddo, ma continuavo a rovistare. Poi mi sono voltata e ti ho visto, lungo lungo, vestito di celeste. Uno sorride a pensarlo, che si possa arrivare così celesti e dritti, come i principi delle storie. Io la corona l'avevo buttata da un pezzo e pure le scarpette di cristallo. Nell'indifferenziata. E stavo provando a salvarmi, senza cavalli bianchi.
Pensavo che se proprio mi fosse toccato di amare, dovevo farlo in grande. Se avessi ancora amato, volevo un posto, nella vita di qualcuno, dove ero imbattibile. Una guerriera innamorata e scalza.
Insomma abbiamo fumato una sigaretta, in terra straniera, dove la birra sa di grano biondo. Ti ricordi quanto era bello raccontarsi? Bello, bello da piangere. Tu senza un abbraccio, io senza più braccia. In un niente ci siamo dati fiato e bocca e sogni, in un niente. Mi hai preso la testa fra le mani, hai detto "sei la vita mia".
Eccomi, io sono sempre qui, la stessa guerriera scalza, e nuda ancora. Qui ad offrirti l'ultima Marlboro e l'ultimo respiro, finchè ne avrò.

La vita è così, stupisce

La vita è così, stupisce

Mi piace

  • Paolo Rumiz
  • Passenger
  • Walter Bonatti e Rossana Podestà
  • pita ghiros