C'è un video di me dodicenne che in calzoncini corti corro lungo la china del paesello dove si faceva vacanza con la nonna. Ho queste gambe fuscello lunghissime, cresciute dalla notte al giorno, che ancora non mi capacito e non governo a dovere. Si muovono scomposte, come le zampe di un puledro ciondolante, e sono buffa e tenera.
Poi nel giro di pochi mesi è cresciuto tutto, un poco per volta. Braccia, busto, tette.
Intorno ai quindici anni, per la prima volta ho avuto coscienza di possedere un paio di arti inferiori il cui senso andasse oltre il deambulare.
"Cazzo, hai due gambe...", disse lui sospirando. Aveva sedici anni, e una cicca trasgressiva penzolante all'angolo della bocca. Era luglio e stavamo seduti a cavalcioni del muretto.
Io guardai giù. Due gambe, ovvio. E quindi?
Cominciai così a studiare serialmente la cosa. Scoprii incredula che esistevano gambe corte, grosse, magrissime, tozze, con la ritenzione idrica, agili, con la buccia d'arancia, bianchissime, pesanti, abbronzate, muscolose. Esistevano gambe che dicevano molto, altre assolutamente mute.
A diciassette anni salutavo la mamma in tenuta d'ordinanza: jeans, felpa e zaino in spalla. Poi passavo in cantina, sfilavo i jeans e infilavo la mini. Avavo capito un sacco di cose sulle gambe, e soprattutto andavo molto fiera delle mie. Non mi sono mai andata complessivamente a genio, mi trovavo (e mi trovo) soltanto difetti, ero (e sono) complessatissima. Ma quando mi chiedevano cosa mi piacesse di me, quale fosse ai miei occhi il pezzo da novanta, rispondevo senza indugio "le gambe!".
Ora, per capirci meglio, direi che il Gioia modello - coscia magra e polpaccio affusolato - potrebbe essere un mix fra le seguenti (per ovvie questioni di pudore, non posto le mie):
Insomma, mi ritrovo adesso a fare i conti con qualcosa di nuovo e assolutamente inconsueto per una donna adulta. Le mie gambe, benchè si conservino sempre in ottima forma (forse più toniche d'un tempo, vista l'attività di ascensione vette che mi occupa da un po') inizio a detestarle. Le nascondo, le occulto, le degno di una scarsa considerazione venata di fastidio. Perchè non le vorrei più così come sono, costituzionalmente. Se potessi per dire, cambiarle, comprerei queste:
E non serve a niente ripetermi che sul mio corpo snello e lungo stonerebbero come due decolltè rosse ai piedi di un prelato. No. Io le voglio così. Con la stessa intensità con cui una bambina di tre anni si piazza davanti al negozio di giocattoli, pestando i pugni sulla vetrina.