giovedì 29 maggio 2014

Quasi giugno

Parco Triglav, giugno 2013. Foto di Gioia

Giugno a breve. Dodici mesi sono trascorsi da quando i nostri passi si sono fiutati, per la prima volta, in terra slovena. 
Io che morivo dalla voglia di fumarmi una sigaretta, sorseggiando la birra fresca. Ma come mostrare una tale pecca, dinanzi ad un montanaro-arrampicatore? 
E poi, il miracolo di quelle sue Camel, posate sul tavolo come niente fosse, mentre raccontava.
- Ma come, fumi?
- Una ogni tanto.
- Anche tu Camel. Dai, passamene una.
Lì ho visto oltre, dentro, dietro. Ho visto il suo giovane anarchico, l'indisciplinato, il ribelle. Quello imbavagliato, silente, che non si mostrava più.
Eccolo lì, mi son detta. Eccolo.
Quante cose sono cambiate in dodici mesi? Quante ne abbiamo spostate? Infinite.
Giugno a breve. A questo punto dell'anno (scolastico) comincio a cedere.
Sono stanca, i bimbi mi sembrano molto rumorosi e particolarmente voluminosi, fatico a mantenere un sano controllo. E' giunta l'ora di staccare un po'.
Invece, è proprio in questo periodo pre-estivo, che gli impegni (scolastici) diventano più pressanti. Raggiungere obiettivi, preparare verifiche, consegnare programmi. Festa finale, raccolta degli elaborati, pagelline, montaggio del video con le foto.
E fa già caldo.
Oggi, classe prima, gioco del mi piace-non mi piace. 
B., sei anni:
Mi piace la pizza. Non mi piace litigare con mia sorella. Mi piace la scuola, perchè c'è Gioia.
Dai maestra, che due settimane passano in fretta.

lunedì 26 maggio 2014

Finestre



C'è un ricordo che a volte guardo con orgoglio, come si fa con un fregio, una medaglia, un premio. Il ricordo è abbastanza recente: si trascina ancora dietro vivi, suoni e odori. 
Ci trovo una me bella, come da schiudere. Nessuna idea di quello che sarà, la leggerezza ignara, imprudente e un po' ottusa, ma dolce, dei primi tuffi.

Giro una chiave pesante, con pretese lustre d'ottone. La camera è un corridoio stretto e bianco. In fondo, un grande occhio spalancato sulla piazza gialla d'agosto.
Mi affaccio subito, lascio spalle e braccia al sole, finchè non bruciano e guardo di sotto, il formicare lento del primo pomeriggio. Camicie di lino e cappelli di paglia col nastro.
Alle mie spalle l'ombra fredda del condizionatore e una tavoletta di cioccolato aperta, sul letto.

Certo che è incredibile. Pensare a quello che siamo stati, alle prove superate, alle porte chiuse o aperte, a come il nostro corpo si è mosso, sulla scacchiera. 
Un passo a destra, due avanti.

sabato 24 maggio 2014

Sii felice


Da quando nella mia vita tutto si è capovolto, da quando ho capito che il caso, non è mai un caso, da quando ascolto, accolgo, mi faccio attraversare dagli accadimenti, è come se vedessi meglio.
Soffro come una bestia, sia chiaro. Perchè mollare una visone antropocentrica per affidarsi al creato, non è proprio una cazzata. Ti viene da remare contro, da tornare a piantar paletti.
Qualche giorno fa un amico caro mi ha proposto un caffè, due chiacchiere. Oggi siamo riusciti a incontrarci, casualmente e per scelte logistiche in un posto che per me significa e ha significato tanto: in quei pressi il mio primo lavoro fuori dal "già scritto", le soste-merende tornando dal fiume calda di sole, i cappuccini invernali all'aperto, una sigaretta e un bacio per aprire le nostre danze del sabato mattina.
Insomma, proprio lì ci siamo dati appuntamento. E proprio lui, che ha portato nella mia vita cose tanto grandi e belle (l'uomo che amo, la scuolina in cui insegno), oggi davanti ad un chinotto, mi ha posato fra le mani un messaggio, arrivato da chissà dove. Un sorriso, il perdono di qualcuno che mi è appartenuto, a cui sono appartenuta.
Come a dirmi che sta bene, che posso smettere di stare in pena. E vivere.

venerdì 23 maggio 2014

Prendere, dare

Addì 22 maggio, Anno Domini 2014: la Gioia si è arrampicata per la prima volta.
Ma davvero, con l'imbrago e tutto.
Prima di puntare i piedi, le dita imparano a tessere nodi. Come se tutto partisse dalle mani, dalla loro destrezza, dalla loro sensibilità. Un allenamento a sentire con la pelle, a tenere gli occhi attenti, sulla corda. 
C'è un tempo di attesa, in cui guardare. Chi prima di te apre la strada, sale armonico, ti mostra la lentezza del decidere. Che poi decidere non è, perchè la pietra ti invita solo a sentire. E' già tutto lì.
Più tardi, al supermercato si compra prosciutto e pane. La signora al banco ci osserva sorridendo, ci offre una fetta rossa di San Daniele. 
Una bella cenetta..vi invidio un po', dice allegra.
Un giovedì. Che era solo un giovedì. Eppure sapeva di sabato.

Mi piacerebbe adesso mostrargli qualcosa, qualcosa di mio. I luoghi in cui sono cresciuta, per esempio, quella periferia grigia che io trasformavo ogni giorno al risveglio. Una jungla, il far west, la selva oscura, un villaggio bianco. Per infilare la giacca e uscire, all'avventura.

Romano per me lassù è puro spirito, un fiato che mi apre la via verso l'alto. Romano è la traccia che pure quando si allontana al suo ritmo furioso di salita, 
mi riduce l'attrito, come fa il migratore che sta sulla V dello stormo.
(Sulla traccia di Nives, Erri de Luca)

mercoledì 21 maggio 2014

Progetti


Sento ieri questi amici, dopo parecchio tempo.
Ne hanno di casini, da vendere. Eppure in qualche modo, hanno sempre guardardato avanti, oltre l'ostacolo. Un'idea, uno specchio d'acqua, un sogno, un campanile.
"Come stai?", domando a lui.
"Stanco ma tranquillo", risponde. E trova la voglia per chiedere di me, per mettermi davanti allo specchio.
"Ti ho conosciuta mentre organizzavi un percorso: tre tappe attorno a un lago. E ti ho vista riorganizzare il tuo, di percorso. Devi volare alto, come stai facendo, senza paura".
Così.
Bei cuori, merce rara. Vorrei che la vita adesso mostrasse loro un po' di sole. Quando scalda, è più dolce il sognare.

Domenica guardavamo in silenzio il nostro albero disegnato sul compensato, che ora ha un bel tronco proporzionato e robusto. Lo guardavamo e poi dicevamo che si fa su un pezzetto alla volta, e cambia, basta una cancellatura, un tratto deciso o sfumato.
Ci somiglia sempre di più.  E come noi, come le cose che pian piano aggiustiamo attorno, cresce e punta verso l'alto. 
Un progetto ambizioso, grande. Ma lo vedo già fatto, ed è pura meraviglia.

lunedì 19 maggio 2014

Non per tutti


L'ho già detto. Con parole diverse forse. O magari in altri tempi, perchè è nel tempo che il dolore si stringe, si allunga, passa attraverso buchi di serrature. Mai lo stesso, mai grande uguale. Sembra andare, poi discreto ti batte la schiena. Lo guardi, e non sai chi è, come uno che avevi perso di vista ed è invecchiato male.
Allora capisci che non ha più la stessa forza di prima, che è stanco, ma si è fatto scaltro. Ha esperienza.
Sì, l'ho già detto. Camminare accanto a chi porta dolore, richiede fegato. 
Per alcuni è più semplice, perchè l'hanno visto in faccia, e lui non si fa dimenticare. Lo riconoscono al volo: nel tuo piegare appena la testa di lato, nella mano che porti alla nuca mentre cerchi di raccontare. Sono quelli che sanno come sfiorarti, se parlare, se tacere, quando metter su una tazza di tè. Ti offrono quello che avrebbero voluto per sè, nel tempo della battaglia. Generi di conforto.
Altri invece, non se la sono sentita. Hanno deciso di non scendere in campo, di non affilare il coltello. Resa totale: scorciatoie, maschere, mimetismo. Allora è ovvio, il tuo dolore sa di sconfitta, la loro sconfitta, e non si possono permettere di guardarti attraverso. 
E io stasera penso che carezze, parole, silenzi, tazze di tè, non mi mancano mai. Mai.
Chi resta, chi mi cammina a fianco, ha davvero le palle. 

sabato 17 maggio 2014

Semplice


Come vorrei.
Esser capace di fare come te. 
Di vedere con chiarezza, di star ferma quando le cose chiedono attesa. Osservare, raccogliere, lasciare andare, e poi dire, attraverso gli occhi e la misura.
Anche oggi. Con grazia sei venuto a parlare ai miei bambini. Del tuo orso, che poi sono tanti orsi, e che portano nomi strani. Madi, Socrate. E loro felici a chiedere. 
Ma com'è grande? E se lo incontro nel bosco? Posso accarezzarlo? E come fai, a fotografarlo?
Tu sorridi, pensi, rispondi.
Io senza pelle, da tanta gioia.
Mi dici "è tutto così semplice", e allarghi le braccia. Allora mi sembra che davvero il verde sia foglia e il bianco, pane.

mercoledì 14 maggio 2014

Piccoli segni

Succedono cose strane. Quando l'Universo ci si mette, intendo.
Al liceo avevo tre amiche. Due erano pazze complete, belle teste non omologate: tabagiste, Cabernet-dipendenti, accanite esploratrici di mondi paralleli.
La terza, che mal tollerava le prime due, era il prototipo della brava ragazza. Frangetta impeccabile, diario regolarmente redatto, mano correttamente levata per chiedere di raggiungere i servizi in caso di bisogno.
Qualcosa di loro sapevo, vagamente. Cosa fanno, dove vivono.
Insomma capita che un'amica di mia mamma, ad una cena, incontri per caso una tipa, che le racconta di sè. Studi universitari, scelta alternativa di seguire un burattinaio per un certo instabile tempo, ritorno ad una vita più sicura, più regolare. E poi l'amore, fuori dagli schemi.
E parla che ti parla, non si sa come, salta fuori il mio nome.
Quella ex cattiva ragazza, la bella valchiria bionda che con il suo generoso decolleté destabilizzava il professore di psicologia, era lì, in tutta la sua sfolgorante vitalità, a raccontare delle nostre risate, dei nostri baretti ameni, frequentati al mattino per sfuggire all'interrogazione di diritto.
Ieri mia mamma mi ha portato una busta, che lei ha chiesto di recapitarmi.
Da Gabry a Gioia, c'era scritto. E dentro, un mondo. 


I nostri biglietti fitti, quelli passati di banco in banco.
Cosa si fa oggi pomeriggio? 
Hai visto la maglia che ha oggi Carlini? Orrore!
Che sonno, adesso mi addormento, tanto la prof non se ne accorge.
E poi. Polemiche toste, con il compagno più acceso, quello sempre pronto a scendere in campo, a proporre, capire. Così acceso, che non ha retto le ristrettezze della vita, e ha deciso di spegnersi a vent'anni.
Ieri sera mi sono addormentata leggendo questo, l'ultimo.
Gioia: E' bello vivere, parlare tra noi, ridere, mangiare. C'è il futuro e tante sorprese. Chissà cosa ci aspetta...
Gabry: E se ci arriva la sfiga?
Gioia: Uffa. Allora non dico più niente di bello.
Gabry: No no, dì ancora cose belle! Che mi aiutano tanto.
Gioia: Yuhuuuu! Sii felice, amica.

domenica 11 maggio 2014

E domani, è lunedì

Ora, non vorrei sembrare una che si pavoneggia. Anzi, quanto mi accingo a dire mostra senza pietà i miei limiti strutturali, la mia natura contemplativa e il mio vissuto bradipico.
Però, come fanno i bambini a scuola quando si misurano con la mano (maestra, sono più alto io o è più alto Marco?) e millantano canestri a raffica, mi scappa di raccontarla.
Ho già detto che per me salire le vette era tutta una questione di dislivello. Difatti, non le salivo. Quando gli amici organizzavano gite in montagna, in via precauzionale mi informavo. 
Trecentocinquanta metri? Escluso. Mi porto un libro, cerco un prato e vi aspetto giù.
E tutti a spiegarmi che non conta il tempo, non conta il misurare, bensì l'atteggiamento mentale con il quale ti disponi. Ma se dopo dieci minuti di cammino non respiri praticamente più, come dovresti disporti?
Insomma sabato ho fatto settecento metri, quasi quasi. Senza misurare.
Non è che sono stata proprio così disinvolta e disciplinata nello sforzo. Potevo far di meglio.
Però che roba. Guardare, annusare, respirare. Far spazio alle forme, anche se credi di non averlo, quello spazio.
Alla fine arrivi in un luogo così...


...abitato da una donna che ha saputo trasformare il suo muto dolore in bellezza. E posa sul tavolo un caffè che più buono, non c'è.

Oggi invece, ho dato un piccolissimo aiuto alla sagra. Perchè lì si impegnano J e M, perchè ci sono stata anche l'anno scorso e perchè è una cosa che mi fa bene. Quel provarmi nel mondo, a piccole dosi.
E ho sorriso parecchio. Specie davanti alla birra fresca, il grembiule ancora allacciato, il temporale in arrivo e le polpettine croccanti di M, da dividere a metà.

sabato 10 maggio 2014

Recessi


Succede dell’uomo quel che dell’albero.
Quanto più egli tende all’alto, alla luce, 
con tanta maggior forza le sue radici tendono verso terra, 
in giù, nell’oscurità, nella profondità...
(Nietzsche)

E' una notte fredda di febbraio. Vien giù ghiacciato, tira aria da est.
Tetti e campi, strade e boschi li dividono. Ma sotto le medesime costellazioni riposano, raccolti nel sonno come i gatti. 
Lui ha quell'età in cui il viso si sgrezza, si lima, e perde un certo turgore rosa, grossolano. Dorme e sogna una bicicletta rossa; le dita della mano destra aperta sul cuscino, si muovono appena, come suonasse.
Lei è poca cosa ancora, un grammo di sostanza organica. Eppure galleggia e pulsa di tutto quello che sarà, in bozza: reni, ossa, piedi, occhi. Labbra.
Vien da sorridere a guardarli così. A pensare cosa verrà.
La Terra gira, si inabissa per metà, e apre le porte all'oscurità. Sogni, candele, stelle, carezze, sospiri, nascite, fantasmi.
La Terra gira, gira infinite volte, e arriva il giorno. Perfetto.

martedì 6 maggio 2014

Idiomi


La me puemo.
La mia piccola.


Il friulano è una lingua romanza. Difficile. Io non lo parlo, ho vissuto per troppo tempo a Trieste, ma lo capisco bene. La varietà che preferisco è quella di montagna, tutta dittonghi e morbidezze.
Non penso che i dialetti e le lingue minoritarie richiedano la salvaguardia dallo Stato, soprattutto se questo implica (come da noi accade) che a scuola manchino i fondi per pagare l'insegnante di educazione fisica e vengano poi finanziati faraonici progetti didattici sul recupero della lingua locale. Follia.
Ma al di là di questo, il friulano mi piace. Dice l'amore come un ricordo, una nostalgia, tira il filo azzurro di vendemmie, campanili, tigli. Scalza mi fa danzare una resijanka.
"Ancora", dico, "parlalo ancora". 

Tu sês une rosute.
Sei un fiore.

sabato 3 maggio 2014

Droga

Forse il Prosecco, e i dolci così buoni. O magari quella salita dal dislivello (per me) impensabile, tra faggi nuovi e vecchia neve, da sprofondare.
Fattostà che usciamo da casa di E. sorridendo, le gambe sciolte.
E' strano, stasera non sento il rumore dei miei pensieri, c'è solo un ronzio di calabrone, dico.
Tu ridi, perchè mi avevi avvertita: la montagna svuota, sgombra, passa la spugna. E crea dipendenza.
Ecco, se le benedette endorfine mi causano questo stato di grazia, io sono pronta. Datemi oggi la mia dose quotidiana.

La vita è così, stupisce

La vita è così, stupisce

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